Domino’s vuole aprire oltre 800 pizzerie in Italia

La catena mondiale di pizzerie investe sul Belpaese. Vuole raggiungere entro il 2030 il 2% di quota di mercato. Avviata la campagna per il franchising

Domino’s Pizza (Getty Images)

L’obiettivo dei prossimi dieci anni è di arrivare a una quota del 2% delle pizzerie in Italia. Ossia a 880 punti vendita. È questo il traguardo che Domino’s Pizza, la multinazionale statunitense delle pizzerie, si pone per il 2030. Tanto che la catena, che oggi ha issato la sua insegna rosso-blu su 16mila negozi in 85 Paesi, ha avviato una campagna di reclutamento di imprenditori interessati ad aprire una pizzeria a marchio Domino’s in franchising lungo lo Stivale. E proprio durante uno degli incontri con i potenziali affiliati l’amministratore delegato del gruppo in Italia, Alessandro Lazzaroni, ha delineato il progetto di arrivare a 880 negozi in un decennio, concentrati nelle regioni del Nord e del centro fino a Roma.

Sbarcata in Italia nel 2015, la catena nata nel 1960 ha oggi 28 pizzerie in Italia. Milano, Torino, Bologna, Bergamo, Modena e Piacenza, sono queste le piazze dove Domino’s ha iniziato a sfornare pizze. Prossima inaugurazione a Trieste, all’interno del centro commerciale Giulia, per il primo test al coperto. Perché, in genere, Domino’s cerca locali su strade dove c’è movimento, visto che le consegne a domicilio fanno la parte del leone nei profitti delle pizzerie, fino al 60%. Tanto che a Piacenza l’azienda sta valutando anche di allestire una black kitchen, una cucina votata soltanto alle consegne a casa.

Spinta sul franchising

L’obiettivo di Domino’s è di diventare “la prima società digitale di consegne in Italia”, ha detto Lazzaroni, ex McDonald’s, alla presentazione a Milano. E per aumentare il raggio di copertura, la strategia è il franchising, come già annunciato nel bilancio del 2018 di Epizza spa, il gruppo che detiene per 20 anni i diritti del marchio americano in Italia. “Nel 2020 vogliamo raggiungere una percentuale del 50% di negozi gestiti direttamente da Domino’s e del 50% da affiliati, per arrivare nel 2021 a un rapporto 30%-70%”, è linea tracciata dall’ad.

Per diventare franchisee la catene a stelle e strisce richiede locali di circa 120 metri quadri, con un affitto di dodici anni, solo dieci posti a sedere, affaccio su strade con alto passaggio di auto e un bacino di cinquantamila abitanti, raggiungibili entro nove minuti dai fattorini (dei quali 20mila a tre minuti). La catena trattiene un 6% di royalties sugli incassi più un 5% per il marketing, suddiviso tra digitale e comunicazione offline. L’azienda stima che l’investimento iniziale sia di 250mila euro, di cui 25mila di fee di ingresso a Domino’s, e con 100mila euro di disponibilità personale.

Sono circa 14 gli impiegati per punto vendita, di cui sei fattorini. Il gruppo americano prevede che siano assunti, tanto che è stata l’unica multinazionale ad aver sottoscritto la Carta di Bologna, il primo accordo locale per la regolazione del lavoro dei corrieri del cibo a domicilio.

Il piano di espansione

Nel 2018 Epizza ha mosso un giro d’affari di 6,7 milioni, quasi raddoppiato rispetto all’anno prima, ma ha chiuso con una perdita di 3,5 milioni. Sui risultati ha pesato in particolare l’avvio del programma franchising, su cui la catena del Michigan ha scommesso le sue fiches per crescere in Italia. A bilancio emerge che la ristrutturazione dei negozi valeva, a fine 2018, 1,6 milioni (591mila l’incremento nell’anno), 142mila la fee dal franchising (di cui 57mila nell’anno) e 880mila l’avviamento dei negozi (di cui circa la metà maturata nel corso del 2018).

Nel complesso la società ha investito 3,85 milioni, per lo più nella ristrutturazione di nuove pizzerie. Il passaggio successivo è stato l’avvio della campagna di franchising. I dati dell’associazione del settore, Assofranchising, indicano che in Italia il settore nel 2018 ha mosso 24 miliardi di euro di giro d’affari, in crescita del 2,6% rispetto all’anno precedente. Ma il comparto della ristorazione rappresenta ancora una percentuale ridotta rispetto al resto d’Europa: 15% del totale contro il 31% in Spagna e il 34% in Francia.

Solo in Lombardia il piano di Domino’s prevede: 14 pizzerie a Milano (due nuove arriveranno nel 2020), tre a Brescia e due a Bergamo e a Monza. Domino’s vuole raggiungere anche Varese, Como, Lecco, Cremona, Mantova, Lodi e Pavia. Ed espandersi nell’hinterland di Milano, nel Varesotto e in Brianza, con insegne a Sesto San Giovanni e Rho già nel 2020, Cologno Monzese, Cinisello Balsamo, Paderno Dugnano, Rozzano, Vigevano, Legnano, Busto Arsizio, Gallarate, Desio, Lissone, Seregno e Cantù. Per ora l’occhio resta concentrato al nord e al centro Italia, che possono essere serviti in poco tempo dalla fabbrica degli impasti di Domino’s a Buccinasco, alle porte di Milano.

Direzione contraria

Quello italiano è un piano in controtendenza. Poche settimane fa è arrivata la notizia della vendita di cento pizzerie della catena in Svizzera, Islanda, Norvegia e Svezia perché non rendevano. Le perdite dei punti vendita del vecchio continente gravano sui conti della compagnia, che ha deciso di focalizzarsi su alcuni mercati chiave.

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