I 10 fenomeni di internet che hanno cambiato la nostra vita in 10 anni

Dai social network al cloud, dal 5G al mobile, dal caso Cambridge Analytica al boom degli attacchi informatici: ecco com’è cambiata la rete in dieci anni

Social media Foto di Thomas Ulrich da Pixabay
Social media Foto di Thomas Ulrich da Pixabay

Quello che si sta chiudendo è stato un decennio straordinario in termini di progresso tecnologico e di novità negli stili di vita e nei modelli di business. Sono esplosi i servizi di streaming, si è trasformato radicalmente l’utilizzo della rete (e del computer) con l’internet mobile, sono arrivate le criptovalute. Ma ci sono anche delle ombre: privacy, security, hacking. Sono molte le cose che non sono andate bene. Insomma, la fotografia degli anni Dieci del nuovo millennio ha tinte forte e molto contrastate. Abbiamo scelto le dieci tecnologie di internet che in questi dieci anni hanno fatto la differenza.

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(Foto: Getty Images)

1. Internet mobile

Negli ultimi dieci anni la più importante trasformazione di internet e delle nostre vite digitali è stato un cambiamento di paradigma rivoluzionario: il passaggio dall’uso della rete, del software e dei social prevalentemente seduti di fronte al computer a quello su telefonino in piedi o sdraiati sul divano, o seduti sull’autobus e in mille altre posti.

La prima azienda che ha capito la portata di questa rivoluzione, e il rischio che avrebbe corso se non si fosse adeguata, è stata Facebook, che ha completamente trasformato l’esperienza d’uso del suo sito, rendendolo una app pensata per lo smartphone. La strategia mobile first è diventata il mantra di due generazioni di creatori di contenuti digitali e le conseguenze sono state la nascita di una intera economia basata sulle applicazioni per smartphone e tablet.

La app economy, come è stata battezzata, ma che ha i suoi ricavi maggiori soprattutto grazie agli utenti Apple, più strutturati e soprattutto disposti a pagare per acquistare o abbonarsi al software. Il mobile ha portato anche una rivoluzione nella maniera con la quale ci spostiamo (avete presente Google Maps?) e alle cose che possiamo fare nei posti dove andiamo: dalla caccia ai Pokèmon alla identificazione di musei e monumenti. E ha cambiato il modo con cui la pubblicità ci può prendere di mira.

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2. Social network

Se i social network non ci fossero, andrebbero inventati. A partire da Facebook e Twitter, ma anche Instagram e TikTok. E poi Tinder, Grindr, ma anche LinkedIn, Anobii, Medium, Flickr e tutti gli altri. Quando l’infrastruttura di internet, la rete delle reti, è stata costruita alla fine degli anni Sessanta, nessuno avrebbe potuto neanche immaginare il web (creato da Tim Berners-Lee alla fine degli anni Ottanta e reso popolare da Netscape a metà degli anni Novanta) figuriamoci l’esistenza di reti sociali mediate dalla rete digitale.

Eppure era facile immaginarlo: la voglia di socialità è quello che contraddistingue le persone e non solo i mercati sono conversazioni, come aveva affermato nella prima delle sue 95 tesi il manifesto Cluetrain. Eppure, compravendita di like e follower, bolle informative, manipolazione della pubblica opinione e delle elezioni, privacy, bullismo online, revenge porn, fake news, deepfakes, odio online sono tutte conseguenze di questo mix socio-tecnologico, insieme alla nascita degli youtuber, degli influencer di Instagram e di categorie ancora inedite di maître à penser digitali. Come faremmo a vivere senza? E soprattutto, quando diventeranno finalmente “grandi”?

Alexander Nix, ceo di Cambridge Analityca
NEW YORK, NY – SEPTEMBER 19: CEO of Cambridge Analytica Alexander Nix speaks at the 2016 Concordia Summit – Day 1 at Grand Hyatt New York on September 19, 2016 in New York City. (Photo by Bryan Bedder/Getty Images for Concordia Summit)

3. Cambridge Analytica

È lo scandalo più importante per la storia dei social, della privacy e delle fake news. Niente è più lo stesso dopo che si è capito che l’azienda britannica aveva raccolto i dati personali di più di 50 milioni di utenti di Facebook per targettizzare al meglio possibile le campagne elettorali di molte persone, incluso soprattutto il candidato Donald Trump, diventato presidente degli Stati Uniti anche grazie all’uso spregiudicato dei social.

È bastato un quiz con l’app gratuita “This is your digital life” su Facebook fatto da 270mila persone (una goccia nel mare dei due miliardi di utenti del social di Mark Zuckerberg) per consentire a Cambridge Analytica di profilare quasi duecento volte il numero degli utenti senza che ne se rendessero conto. Anche Facebook sarà multata, una sanzione minima di 580mila euro che l’azienda il cui valore è circa 540 miliardi di dollari si era sempre rifiutata di pagare.

GDPR
(Immagine: Getty Images)

4. Gdpr

Con la General data protection regulation (per gli amici Gdpr) è cambiato radicalmente il modo con il quale vengono raccolti e trattati i nostri dati personali. È una normativa voluta dall’Unione europea e, secondo gli esperti, al 90% serve effettivamente a difendere gli utenti del Vecchio Continente dall’abuso dei loro dati e al 10% funziona come misura protezionistica informale contro lo strapotere dei big del tech, che sono tutti americani (Amazon, Facebook, Google, Microsoft e Apple) e in prospettiva anche per quelli cinesi (da Alibaba a TikTok).

Dopo un anno e mezzo dall’entrata in vigore del Regolamento generale europeo per la protezione dei dati il bilancio è più che positivo: addirittura Satya Nadella, Tim Cook e Mark Zuckerberg sostengono che anche gli Stati Uniti dovrebbero dotarsi di una norma simile. Il punto forte della Gdpr sono le sanzioni: le multe possono arrivare al 4% del fatturato globale dell’azienda che compie la violazione. Per la prima volta c’è una forma di certezza giuridica per i cittadini europei riguardo a come vengono raccolte e trattate le loro informazioni, e diritti su come fare a fornire il consenso oppure richiederne la modifica e cancellazione.

foto: Pixabay

5. Bitcoin

Quando Satoshi Nakamoto, nome dietro il quale si cela un geniale programmatore (o forse un gruppo di hacker), ha creato la blockchain e il suo primo applicativo, cioè i bitcoin, aveva un piano preciso: la rivoluzione. La blockchain è un libro mastro distribuito tra tutti i partecipanti, crittato e verificato in modo anonimo per fare in modo che ogni modifica delle singole voci sia verificata. Applicando questa tecnologia al denaro, nascono le criptovalute, la prima delle quali sono i bitcoin. Il cui scopo è sostituire i sistemi monetari tradizionali basati su una autorità centrale e governati dagli stati con un sistema democratico, aperto e senza alcun controllore.

Non è andata (per adesso) così. I bitcoin fanno parte del primo, ristretto gruppetto di criptovalute che sono diventate molto popolari e hanno acquistato anche molto valore, trasformando i pionieri in milionari. Attenzione, perché i bitcoin si guadagnano “scavandoli”, cioè risolvendo con il computer una serie di problemi matematici suddivisi in blocchi. Solo che il numero di blocchi necessari per guadagnare un bitcoin tende ad aumentare mentre i bitcoin, che sono un numero finito, a diminuire. Quindi, nel 2020 occorrerà il doppio di blocchi per ottenere la ricompensa di un singolo coin mentre l’ultimo bitcoin verrà estratto nel 2140.

Netflix (2016)
Lo streaming torna alla ribalta. Dopo la scommessa di PlayStation Now nel 2014, questa volta è il turno di Netflix, che in un colpo solo estende il servizio in 130 paesi del mondo. Preparate i popcorn. (foto: Maurizio Pesce)

6. Streaming

Se c’è un’azienda che possiamo considerare famosa per aver saputo cambiare pelle e rinascere dalle sue ceneri possiamo menzionare Apple oppure Ibm, ma anche Microsoft. Invece, il premio probabilmente deve andare a Netflix: nata come noleggio postale di videocassette e dvd in concorrenza con Blockbuster, ha capito che il futuro passava da internet e ha deciso di fare streaming, cioè virtualizzare non solo gli ordini ma anche i prodotti.

Arriviamo ai giorni d’oggi e il paradigma di Netflix è potente come solo quello di Spotify, la “piccola” svedese che ha trasformato la musica in un abbonamento a un flusso infinito di byte, giocandola sulla parte più social, cioè le playlist, perché ha dato per morto non solo il supporto fisico della musica ma anche l’idea stessa dell’album musicale, dell’opera strutturata dall’autore. Come accade a tutti i precursori, che fanno la fatica di aprire un mercato nuovo, il rischio vero è quello di essere raggiunti e superati dalla concorrenza. Da Apple Tv+ a Disney+, da Musica di Apple ad Amazon Music. Però i campioni dello streaming puro lottano con i denti e si difendono bene. Hanno inventato qualcosa che è destinato a durare, forse come loro.

Google Stadia
(Foto: Google)

7. Videogame in rete

Una volta i videogiochi si compravano al negozio dentro una scatola. Poi sono nati gli app store e i videogiochi sono diventati digitali, ma sempre oggetti virtuali da comprare. L’ultima trasformazione del videogame è quella dello streaming: se funziona per la musica, la televisione e il cinema, perché non dovrebbe funzionare anche per l’intrattenimento videoludico.

E così il gaming con Stadia diventa un flusso di bit in tempo reale, abilitato da tecnologie sempre più rapide e con latenze oramai invisibili. Il tempo che ci mette un pacchetto di bit a traversare l’oceano e arrivare in Italia è meno di quanto ci mettesse un pugno di byte a uscire dal processore del vecchio Commodore 64 e andare sullo schermo del televisore di casa.

Apple ha provato la carta del gioco in abbonamento: Apple Arcade è in sostanza un “all you can eat” del videogame, senza costi nascosti. Può funzionare anche se la scelta è soprattutto di giochi per il casual gaming. Invece Google con lo streaming di Stadia punta a sparigliare il mercato delle console e dei giochi per pc. Avvio un po’ difficile ma il futuro potrebbe davvero essere dietro questa tecnologia. Oppure no?

Foto: Corbis

8. Cloud e big data

Se già sapevamo che i big data ora servono molto alle imprese ma anche a profilare meglio gli utenti, adesso abbiamo anche scoperto che il cloud inquina ancora più dell’industria del trasporto aereo o di quello marittimo. Eppure sono queste due le grandi novità infrastrutturali degli ultimi anni che stanno consentendo la nascita di nuovi modelli di business, liberando risorse prima impossibili da raggiungere per i piccoli e infine consentendo di scoprire cose nuove che non ci saremmo mai neanche sognati di cercare.

Il cloud nasce grazie ad Amazon, che ha trovato un modello di business per rendere disponibile la capacità dei suoi server quando non vengono usati dai clienti del suo commercio online. I web services e le dotazioni di infrastruttura, applicazione e piattaforma “as a service” hanno permesso di creare nuovi mercati per grandi e piccoli mettendo a fattor comune i costi delle infrastrutture. Oggi a comprare processori e computer sono prevalentemente i grandi erogatori di servizi cloud, come Amazon, Facebook, Google e Microsoft.

Invece, i big data hanno trasformato il modo con il quale si fa ricerca e business. Solo nel settore del machine learning grazie ai big data è stato possibile finalmente avere a disposizione i set di dati necessari per addestrare le intelligenze artificiali che stanno imparando a guidare, a riconoscere le persone, a giocare a Go meglio di chiunque altro.

Presentazione di progetti sul 5G (Getty Images)
Presentazione di progetti sul 5G (Getty Images)

9. 5G

La rivoluzione della telefonia mobile si chiama 5G. Lo standard per le telecomunicazioni di quinta generazione ha fatto delle promesse importanti alle aziende e ai consumatori: più velocità, ma anche più capacità e meno latenza. Con piani molto ambiziosi degli operatori di telecomunicazioni.

Dall’auto connessa a industria 4.0, dalle smart city a servizi di gaming e realtà aumentata impossibili con qualsiasi altra tecnologia di connessione. Il 5G però è stata anche la scintilla che ha fatto deflagrare la guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina.

Il blocco di Huawei, Zte e altre quattro aziende cinesi voluto da Donald Trump negli Usa (e fortemente suggerito anche agli alleati europei) ha prodotto danni e opportunità economiche che non erano state previste. C’è poi chi si è chiesto se la rete 5G non sia anche un pericolo per la salute delle persone (no, non lo è) e se sarà l’ultima rete che costruiremo. No neanche in questo caso, perché, se Apple per esempio non ha ancora preparato un iPhone 5G, c’è invece già chi sta lavorando sul 6G.

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(Photo credit should read ROB ENGELAAR/AFP/Getty Images)

10. Attacchi informatici

Se la vita diventa “onlife”, parte mondo tradizionale e parte mondo digitale, assieme a tutte le altre cose si digitalizzano anche i criminali. E attaccano sia per rubare soldi ai privati e altri beni digitali alle aziende, sia per spionaggio o terrorismo. Tra i grandi attacchi quello forse più pericoloso degli ultimi anni è stato Wannacry, il ransomware comparso nel 2017 che ha messo in ginocchio milioni di pc crittando i contenuti e chiedendo riscatti a privati, aziende e pubbliche amministrazioni.

Dotato di più vite di un gatto, Wannacry è riuscito a resistere a molti tentativi di neutralizzazione soprattutto grazie al suo meccanismo di propagazione efficace e capace di massimizzare i danni: ogni pc infettato diventa veicolo di trasmissione del codice malevolo anche nella rete locale. Ma Wannacry è solo la punta di un gigantesco iceberg fatto da milioni di software e app malevole, che infettano principalmente i sistemi Windows e Android e che costano a ciascuna azienda in media 11 milioni di euro in caso di attacchi.

In molti casi gli attacchi sono compiuti direttamente dagli stati o sono sponsorizzati dagli stati e cercano di bloccare settori-chiave dell’economia o della ricerca scientifica dei paesi avversari, come è accaduto con Stuxnet, il worm pensato per bloccare il programma nucleare iraniano danneggiando le centrifughe per separare i materiali nucleari dalle scorie. Lo sponsor dell’attacco? Secondo gli esperti dietro ci sono Israele e gli Stati Uniti.

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