A path from coca to coffee, una storia di riscatto in Colombia raccontata on the road

La pellicola diretta da  Oscar Ruiz Navia debutta il 5 giugno su Amazon Prime video, promossa da Lavazza nell’ambito del progetto “Coffee Defenders”

Due donne on the road, in viaggio dalla Colombia al Costarica, in un  continente dove bellezza e complessità vanno di pari passo. La trama sembra quella di un film ma “Coffee Defenders, a path from coca to coffee” è un docu-movie che racconta una storia vera, quella di Johana, una cittadina colombiana che ritorna a vivere coltivando quelle terre, nella regione caffeicola del dipartimento del Meta, un tempo adibite a colture illegali.

La sua storia è al centro del lavoro diretto dal regista colombiano, spesso presente ai festival mondiali del cinema che conta, Oscar Ruiz Navia; debutta su Amazon Prime Video il  5 giugno, data che segna la Giornata mondiale dell’ambiente, lanciato da Lavazza. L’altra protagonista della pellicola è la reporter Alexandra Roca; accompagna Johana in un viaggio che la porterà  presso il Centro agronomo di Cartago, dove lascerà una piantina di caffè, simbolo della sua storia e della sua rinascita. Il viaggio è il contesto in cui prende forma il racconto autobiografico di Johana, che narrerà i momenti bui e la rinascita. Ma altre storie e testimonianze confluiranno durano il percorso, perché la vicenda di Johanna è esemplare ma non è certo unica in un paese, la Colombia, che porta ancora le ferite del conflitto armato causato dalla guerriglia delle Farc. Il percorso di riconversione individuale si staglia su uno scenario di cambiamento più profondo, quello simboleggiato nel titolo, dal passaggio dalla coltivazione delle piante di coca a quella del caffè, e quindi dalla transizione dai conflitti a una ritrovata libertà.

Chi guarderà il film conoscerà quindi una fetta di realtà del mondo della coltivazione del caffé, un macrouniverso lontano geograficamente ma portatore di temi cruciali a livello globale, come le condizioni socio-economiche delle famiglie dei coltivatori ma anche gli sforzi per garantire la sostenibilità socio-ambientale delle produzioni agricole.

La Fondazione Lavazza è attiva dal 2015 nel Meta, con un programma di sviluppo sostenibile: oltre ad aiutare le comunità – piantagioni gestite meglio equivalgono a migliori condizioni economiche – c’è anche il bisogno di formare i lavoratori per attuare le migliori pratiche agricole e le azioni di contrasto agli effetti del cambiamento climatico. Coltivare anche le piante da frutto permette alle aziende, e quindi ai nuclei familiari, di avere una seconda fonte di reddito e decisamente primario è anche il tema della condizione femminile. La forza lavoro rosa nel settore è maggioritaria ma le situazioni cambiano quando si tratta della guida delle aziende.

In “Coffee Defenders, a path from coca to coffee” si raccontano, attraverso la vicenda di Johanna, temi come il lavoro dignitoso e la crescita economica, parte di quegli obiettivi per lo sviluppo sostenibile che rientrano nell’Agenda 2030 Onu, che la stessa Lavazza sottoscrive al fine di orientare la sua stessa azione di sostenibilità. I quattro pilastri, includono anche consumo e produzione responsabile e l’azione a favore del clima.

Il caffè è un prodotto amato in tutto il mondo e il simbolo di un certo modo di vivere la convivialità nel nostro paese; tuttavia, come dimostra anche il docufilm che sarà lanciato il cinque giugno, è necessario maturare consapevolezza sul viaggio che la materia prima  compie per arrivare al consumatore finale e che, come dimostra più complessivamente il progetto Lavazza “Coffee Defenders”, è solo l’ultimo passaggio di storie molto più intense.

Ecco quindi che, come dichiarato anche da Lorenzo Giorda, Global head of digital marketing di Lavazza, il docu-film rappresenta “un importante asset per raccontare attraverso un linguaggio differente, visivo, autentico e universale il tema della sostenibilità, che è parte integrante del nostro business da molti anni e che ci caratterizzerà da qui in avanti. Nel futuro, infatti, il documentario vivrà sia a livello digitale che fisico in altri luoghi poiché non si tratta solo di un prodotto di entertainment ma di un veicolo di messaggi forti e contemporanei”.

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