Il progetto dell’euro digitale e l’incognita privacy

Il programma della Banca centrale deve sollevare interrogativi sull’uso dei dati che una valuta digitale del genere potrebbe generare

Monete e banconote euro (Getty Images)
Monete e banconote euro (Getty Images)

“La Bce sta valutando l’eventuale emissione di un euro digitale; un gruppo di lavoro sta esaminando i pro e i contro di una valuta digitale, utilizzabile dagli intermediari o anche direttamente dai consumatori mediante gli smartphone per effettuare i pagamenti”. La dichiarazione di Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea, è di fine aprile. Yves Mersch, vicepresidente del Consiglio di vigilanza della Bce, ha poi precisato che si sta conducendo uno studio esplorativo per arrivare preparati all’eventualità che i cittadini dell’unione vogliano virare dal contante a una moneta digitale, nella consapevolezza che al momento il 76% delle transazioni in area euro avviene ancora tramite banconote (con un record storico a metà marzo, in piena crisi: 19 miliardi di euro di cash in circolazione). Mersch, con l’occasione, ha chiarito l’eventuale anonimità della valuta digitale: conditio sine qua non per rispettare gli standard di privacy e libertà finanziaria che l’Europa dovrebbe sempre garantire ai suoi cittadini, anche superando le ferree leggi antiriciclaggio.

Quello che stupisce, in realtà, è come si sia assistito e si continui ad assistere a levate di scudi – più o meno sensate – contro app per tracciare persone a scopo di prevenzione sanitaria e un grande silenzio stia accompagnando l’eventuale avvento dell’euro digitale che rischierebbe di esporre dati sensibili e libertà personali molto di più di una app di tracciamento a scopi sanitari.

Perché un euro digitale

Certamente il lockdown ha reso particolarmente evidenti i vantaggi di una valuta dematerializzata ponendoci però davanti a un quesito: l’euro digitale costruito e regolato da una banca centrale può essere un sostituto del contante? L’elevato livello di tracciabilità che comporta, e la sua insita possibilità di poter controllare comportamenti e vite degli individui, porta a dire che no, non può esserlo.

La notizia positiva è che la Bce il problema se lo è posto “Una Cbdc – Central bank digital currency – al dettaglio potrebbe essere basato su token digitali, che circolerebbero in modo decentralizzato e consentirebbero l’anonimato nei confronti della banca centrale come i contanti. Alcuni sostengono che una valuta digitale basata su token potrebbe non garantire il completo anonimato. Se ciò si dimostrasse vero, solleverebbe inevitabilmente problemi sociali, politici e legali”.

Il caso cinese

Per immaginare verso quale scenario potremmo andare incontro si può osservare cosa sta accadendo in Cina dove attualmente il 90% dei pagamenti mobili vengono effettuati con Alipay e WeChatPay (rispettivamente dei colossi Alibaba e Tencent). Il fenomeno implica una completa dipendenza da società private che, in caso di fallimento, lascerebbero il consumatore con il cerino in mano. Per evitarlo, Pechino sta creando il suo yuan digitale, che funziona come una app da smartphone ma si regge su un sistema gestito da molti nodi e con un sottostante che è un oggetto fisico (la moneta elettronica) e non un credito (come avviene per il denaro che depositiamo sui conti correnti). Anche nel mondo occidentale abbiamo sistemi di pagamento privati simili a quelli cinesi (PayPal, ApplePay e Satispay in Italia) ma un monopolio come quello cinese è impensabile.

Al contrario, nonostante la scarsa attenzione intorno al tema, il progetto di euro digitale è molto più concreto di quanto pubblicamente percepito: nella vicina Francia la Banca centrale è già al lavoro per deciderne le caratteristiche tecniche.

Un euro digitale, strutturato come lo yuan digitale, implicherebbe la possibilità da parte del governo nazionale di controllare i movimenti finanziari con la possibilità di bloccare i fondi individuali a propria discrezione e programmare smart contract per obbligare o vietare determinate categorie di spesa.

Si potrà obiettare che l’Europa non è la Cina. Eppure, abbiamo assistito negli ultimi due mesi, anche in democrazie consolidate come l’Italia, alla soppressione ex abrupto di libertà fondamentali. Lo abbiamo accettato senza protestare in nome del bene superiore che è la salute pubblica. E in Francia, proprio nel corso della sperimentazione sull’euro digitale, si è iniziato a usare il riconoscimento facciale nelle telecamere di sorveglianza urbane, seguendo l’esempio cinese (il progetto è stato poi interrotto perché violava la privacy).

L’opinione pubblica dovrebbe quindi fare la sua parte per impedire che lo Stato assuma su di sé un potere incompatibile con il contratto che ha con i suoi cittadini: una valuta anonima, libera e insequestrabile. Se questa innovazione, viceversa, avverrà sottotraccia – e il dibattito resterà confinato dentro le Banche centrali (che essendo organi di controllo disegneranno una moneta che renda più semplice il tracciamento e il contenimento dei reati finanziari) – il rischio si configura reale. Vogliamo cedere queste libertà fondamentali in nome del politically correct?

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