Nelle nostre cellule c’è un dna a quattro filamenti

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(Foto: geralt/Pixabay)

Il dna ha una struttura a doppia elica. Fin qui non ci sono dubbi, o forse sì. Perché oggi un team di ricercatori dell’Imperial College di Londra, in collaborazione con le università di Leeds e Cambridge, ha osservato in cellule umane un dna davvero molto strano, composto da ben quattro filamenti. Il loro studio, pubblicato sulla rivista Nature Chemistry, dimostra che questa particolare forma, già osservata in precedenza in esperimenti di laboratorio, è una dei tanti aspetti che può assumere il dna. “Per la prima volta abbiamo dimostrato che il dna a quadruplo filamento si forma nelle nostre cellule, come una struttura stabile creata da normali processi cellulari”, racconta l’autore dello studio Marco Di Antonio. “Una scoperta che ci spinge a ripensare alla biologia del dna” e che potrebbe migliorare la nostra comprensione su come il materiale genetico diffonde le sue informazioni.

Il dna a quadruplo filamento

Normalmente, una molecola di acido deossiribonucleico (o dna) è composta da quattro basi azotate, adenina, citosina, guanina e timina, che si legano tra loro per dar vita alla classica struttura a doppia elica. Quando crea una struttura a quattro filamenti, invece, le quattro basi di guanina, l’unica in grado di legarsi con se stessa, possono disporsi formando un quadrato e assumendo una forma chiamata dai ricercatori dna G-quadruplexes, o in breve G4.

Per giungere a questa conclusione, i ricercatori si sono serviti di innovative tecniche di fluorescenza, ovvero hanno inserito un nuovo tipo di marcatore fluorescente al dna all’interno delle cellule umane osservando per la prima volta come si forma la struttura e quale ruolo può giocare nelle cellule. I risultati, raccontano i ricercatori, rappresentano un’ulteriore conferma che le strutture a quattro filamenti fanno parte della regolazione e funzione del dna e che la nostra conoscenza della doppia elica potrebbe non essere, quindi, più tanto aggiornata.

Una forma del dna già osservata in provetta

Già un paio di anni fa un team di ricercatori dell’australiano Garvan Institute of Medical Research era riuscito a osservare in provetta questa struttura del dna a quattro filamenti. Nei loro esperimenti di laboratorio, come vi avevamo raccontato, i ricercatori si erano accorti che in alcuni punti le molecole che lo compongono possono aggrovigliarsi e formare nodi composti da quattro ciocche, in una struttura chiamata dai ricercatori i-motif. Questa struttura, tuttavia, si forma e si disfa molto rapidamente, suggerendo quindi che svolge una specifica funzione e che, se dura troppo a lungo, potrebbe risultare tossica per i normali processi cellulari.

La sua funzione

Ma perché il dna assume questa forma, per noi ancora così particolare? Probabilmente per divulgare meglio le informazioni genetiche. “Sappiamo esattamente cosa fa il dna”, spiega Di Antonio. “Ma come fa la cellula a sapere dove esprimere i geni e quante proteine produrre?” I ricercatori, in altre parole, ipotizzano che la struttura a quattro filamenti si formi per tenere momentaneamente aperta la molecola, in modo da rendere più facile la lettura del codice genetico (in un processo chiamato trascrizione) e, quindi, la produzione di proteine. Solitamente, questo compito viene svolto dai cosiddetti marcatori epigenetici, tag chimici sul dna che aumentano o diminuiscono l’attività dei geni, e sembra che questa forma del dna abbia un ruolo simile.

Il ruolo nei tumori

La forma G4, tuttavia, sembra essere associata più spesso ai geni coinvolti nel cancro, ed è stata infatti rilevata maggiormente all’interno delle cellule tumorali. Da qui, i ricercatori potrebbero identificare il suo ruolo all’interno di questi geni, e offrire perciò informazioni preziose per lo sviluppo di nuovi farmaci in grado di bloccare questo processo. “È una nuova area della biologia che potrebbe aprire nuove strade nella diagnosi e nella terapia di malattie come il cancro”, conclude l’autore. “Ora possiamo tracciare il dna G4 in tempo reale nelle cellule e possiamo studiare direttamente quale sia il suo ruolo. Sappiamo che è più diffuso nelle cellule tumorali e ora possiamo capire quale ruolo ricopre e potenzialmente come bloccarlo, escogitando nuove terapie”.

Via: Wired.it

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Credits immagine di copertina: geralt via Pixabay

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