Polvere di stelle: il carbonio alla base della vita sulla Terra arriva dalle nane bianche

nane bianche
La Nebulosa Laguna, anche nota come M 8 o NGC 6523, visibile nella costellazione del Sagittario. Crediti immagine: WikiImages via Pixabay

Da dove viene il carbonio, l’elemento chimico essenziale per l’esistenza della vita sulla Terra? Ogni atomo di carbonioè stato creato dalle stelle nella Via lattea: dunque in qualche modo siamo fatti di polvere di stelle. Ma di quali stelle parliamo? Gli astrofisici se lo chiedono da decenni. Fra le principali ipotesi, alcuni propendono per l’idea che a produrlo siano soprattutto stelle con massa relativamente piccola (pari a qualche volta quella del Sole) nelle fasi finali della loro vita, quando perdono il loro involucro esterno, diventando nane bianche. Altri scienziati ritengono più probabile che il carbonio derivi da stelle molto massicce che possono esplodere dando luogo a supernove. Oggi uno studio internazionale, cui ha preso parte l’università della California (Uc) a Santa Cruz e anche l’Italia con l’università di Padova e l’Istituto nazionale di astrofisica, porta nuove prove a sostegno dell’idea che le nane bianche abbiano un ruolo centrale nella produzione di buona parte del carbonio nella Via lattea. I risultati della ricerca sono pubblicati su Nature Astronomy.

Carbonio, dalle nane bianche?

Le nane bianche sono stelle di piccole dimensioni che rappresentano i residui, i nuclei rimanenti, di stelle più grandi. Sono compatte e densissime e sono destinate a raffreddarsi e a attenuare la loro luminosità. Circa il 90% di tutte le stelle nella Via lattea termina la propria vita trasformandosi in una nana bianca. Subito prima che diventino nane bianche, nell’ultima fase della loro vita, queste stelle morenti producono e rilasciano nello spazio circostante delle ceneri, che appaiono come straordinarie nebulose planetarie (come nell’immagine). Queste ceneri – un’eredità importante – sono diffuse nello spazio dai venti stellari e possono essere ricche di vari elementi chimici, incluso il carbonio.

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Quattro immagini di nebulose planetarie che fotografano le ultime fasi di vita delle stelle di piccola massa, mentre si spogliano del loro inviluppo gassoso eiettandolo nel cosmo. Il gas espulso è arricchito di nuovi elementi chimici, incluso il carbonio, da poco prodotti negli interni caldi della stella. Il piccolo punto bianco al centro di ogni immagine è la futura nana bianca, un oggetto molto compatto destinato a raffreddarsi per sempre (crediti immagine: Nasa/STScl)

Lo studio

Oggi i ricercatori si sono chiesti se e quanto carbonio sia frutto di questo processo. L’analisi si è basata sulle osservazioni astronomiche svolte nel 2018 all’osservatorio M. Keck Observatory, composto da due telescopi riflettori gemelli e situato sulla cima del vulcano Mauna Kea, alle Hawaii. Attraverso le osservazioni, coordinate da Enrico Ramirez-Ruiz dell’Uc a Santa Cruz, gli scienziati hanno analizzato gli spettri delle stelle e hanno così potuto misurare la massa delle nane bianche. Utilizzando poi la teoria dell’evoluzione stellare, sono riusciti a ricostruire anche la massa delle stelle progenitrici, quelle da cui le nane bianche hanno tratto origine. In questo modo hanno potuto valutare il rapporto fra i due valori della massa: studiare la relazione massa iniziale-finale è essenziale per comprendere il comportamento di queste stelle, come cambiano, e per integrare tutte le informazioni – inclusa la sintesi di determinati elementi chimici – nel corso del processo.

Troppa massa, ecco i sospetti

In generale le osservazioni astronomiche raccolte fino ad oggi mostrano che tanto maggiore è la massa iniziale tanto più alta è anche quella finale. Ma nelle osservazioni odierne qualcosa non torna, secondo gli scienziati: le masse delle nane bianche sono molto elevate e dunque le stelle nelle loro ultime fasi di vita risultano più massicce di quanto atteso. “Il nostro studio”, spiega Paola Marigo dedell’Università di Padova e associata all’Istituto Nazionale di Astrofisica, che ha coordinato il lavoro del team internazionale, “interpreta quest’anomalia come la firma della sintesi del carbonio da parte di stelle a piccola massa nella Via lattea”.

Perché la massa è maggiore del previsto

L’idea dei ricercatori è che determinate stelle nelle loro ultime fasi di vita formino nuovi atomi di carbonio nei loro strati interni molto caldi, che poi trasportano sulla superficie dove vengono catturati e diffusi dai venti stellari. “I nostri modelli stellari dettagliati – prosegue Marigo – indicano che la rimozione del mantello esterno ricco di carbonio fu un evento che si verificò abbastanza lentamente da consentire ai nuclei centrali di queste stelle, le future nane bianche, di crescere sensibilmente in massa, più di quanto si riteneva”.

Carbonio, nuove informazioni anche sulla vita

Inoltre i ricercatori hanno osservato che stelle con una massa di 1.5 volte quella del Sole o anche più piccola l’arricchimento galattico di carbonio non avviene in maniera rilevante. “Questo risultato è importante per due motivi”, sottolinea l’esperta. “Per prima cosa pone dei vincoli rigorosi su come e quando il carbonio, l’elemento essenziale per la vita sulla Terra, fu prodotto dalle stelle della nostra galassia, finendo poi con l’essere intrappolato nella materia da cui il Sole e il suo sistema planetario si formarono circa 4,6 miliardi di anni fa”.

Ma il dato è utile anche per avere nuove informazioni su altre galassie oltre la Via lattea. “Combinando assieme le teorie della cosmologia e dell’evoluzione stellare”, conclude Marigo, “ci aspettiamo che stelle luminose ricche di carbonio prossime alla morte, del tutto simili alle progenitrici delle nane bianche che abbiamo analizzato in questo studio, stiano attualmente contribuendo alla luce emessa da galassie molto distanti”. La luce, che accompagna la diffusione delle ceneri di queste stelle (e anche del carbonio), viene raccolta da grandi telescopi nello spazio e può essere utile per studiare parti ancora sconosciute dell’universo.

Via Wired.it

Immagine: La Nebulosa Laguna, anche nota come M 8 o NGC 6523, visibile nella costellazione del Sagittario. Crediti: WikiImages via Pixabay

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