Marco Carta assolto anche in appello: “Pensavo di essere su Scherzi a parte, invece era un incubo”

Marco Carta è stato assolto anche in appello dall’accusa di furto. Il cantante uscito dalla scuderia di Amici era finito nell’occhio del ciclone perché accusato di avere rubato sei magliette alla Rinascente di Milano. Ma il tribunale gli ha dato ragione: quel furto Marco non lo ha mai commesso. Raggiunto dal Corriere dopo la sentenza di secondo grado, Carta si dice finalmente leggero: “Questa vicenda mi ha insegnato che la vita è imprevedibile. Io ero già stato assolto in primo grado con formula piena, estraneo ai fatti. Ed è molto raro, mi dicono, che la Procura ricorra in appello per un furto di magliette. Era una mossa che non mi aspettavo, perciò ora ci tengo a sottolineare che sono stato assolto ‘anche’ in secondo grado. Mi ha fatto male che sia stato un caso così mediatico e l’accanimento dei leoni da tastiera che mi hanno insultato mischiando le accuse di essere ladro con insulti omofobi pesanti. Ma ora è passata e voglio fare anche io dei meme sulla mia disavventura. Prima, non era il caso:rischiavo di sembrare uno sbruffone che sfidava il sistema e non è così che sono”.

La nonna di Marco Carta, morta senza sapere della doppia assoluzione

Marco esce da un periodo complesso, addirittura traumatico, segnato dai processi e dalla morte della nonna, la donna che lo aveva cresciuto dopo la prematura scomparsa della madre. Mancata a causa di un tumore senza che il nipote potesse raggiungerla in ospedale a causa dei rigidi protocolli anti Covid, aveva fatto in tempo a sapere della prima assoluzione ma non dell’esito del processo in appello. Una ferita che a Carta fa ancora male, insieme a tutto il resto:

Il momento più difficile? Gestire la preoccupazione di mia nonna per il processo: è morta ad aprile ed è la donna che mi ha cresciuto quando ho perso mia madre e mi sono trovato solo, a 10 anni. Era viva quando ho vinto in primo grado, ma ha fatto in tempo a sapere che il Pm aveva fatto ricorso. Diceva: ma quando finirà? Questo era il mio incubo al quadrato. È mancata di tumore, ma era in ospedale da sola e, per le misure anti Covid, nessuno ha potuto starle vicino. Io ero sotto la sua finestra, pregavo di farmi entrare, ma non mi hanno fatto entrare. Ho pregato di lasciarmela vedere in obitorio. Sono riuscito a salutarla lì. Farla morire da sola era l’ultima cosa che avrei voluto per lei, che temeva solo due cose: il buio e la solitudine. Infatti, casa nostra a Cagliari è detta “la casa del sole” perché c’è sempre luce e gente.

Le accuse e i processi: “Ho perso amici e occasioni di lavoro”

Ho perso un paio di amici e va bene così. E ho perso delle occasioni di lavoro. Avrei apprezzato più coraggio. Io ne ho avuto. Sono stato molto male”, racconta ancora Marco, “Ho avuto ripercussioni sulla salute mentale e fisica, non voglio entrare nei dettagli, ma lo stress si è fatto sentire. Quella giornata e quello che ne è seguito sono stati un trauma”. Un incubo al quale, sulle prime, aveva perfino cercato di trovare una spiegazione plausibile: “Mi sono trovato in un incubo. Ho pensato di essere su Scherzi a parte, era troppo assurdo”.

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