Renzi ha deciso di non entrare più in maggioranza. E Calenda e Mastella continuano a litigare

AGI – Il Pd non si lascia andare a “derive avventuristiche”, ma è convinto che in Parlamento ci siano “forze democratiche, liberali, europeiste pronte a convergere nello sforzo” di far ripartire il Paese evitando “il salto nel buio” di una crisi di governo. Nicola Zingaretti si presenta davanti alla Direzione nazionale per ragguagliare il ‘parlamentino’ dem sugli sviluppi della crisi politica innescata dalle dimissioni della delegazione Iv al governo. Il nuovo appuntamento – dopo quello con segreteria, ufficio politico e assemblea dei deputati – serve anche a rassicurare sulla frenata subita dall’operazione ‘responsabili’ nelle ultime ore.

Ancora lontani da quella ‘quota 161’ che assicura la maggioranza assoluta a Palazzo Madama, il governo, e chi lo guida, dovranno accontentarsi, con ogni probabilità, della maggioranza relativa che consente sì di tenere in piedi il governo ma difficilmente di governare senza ansie. Anche perché, sottolinea il segretario dem, “le sfide che attendono la maggioranza” non sono poche nè di poco conto. Di qui le rassicurazioni di Zingaretti sul fatto che “in Parlamento faremo appello ai rappresentanti dei cittadini perché tutti assumano le proprie responsabilità”.

I dem continuano dunque a respingere ogni ipotesi che li veda di nuovo al tavolo del governo con Matteo Renzi, ormai considerato inaffidabile. Etichetta che lo stesso Renzi allontana da sè senza esitazione. “Il tentativo di buttare la crisi di governo su di me, sui miei rapporti con il Pd, con Conte, sta diventando, francamente, imbarazzante”, contrattacca da Mezz’ora In Più su Rai3. “Non sopporto questa lettura per cui la crisi è un problema personale mio. Non mi sta antipatico Conte nè ho problemi con il Pd ma con i miei figli, se il Paese va a carte quarantotto”, ribadisce.

 “Conte ha detto che ha il governo migliore del mondo. Dico che è coraggioso ma lo rispetto. Ora dice che mi vuole ‘asfaltare’, mi sembra che al Senato non accadrà”, pronostica. Quanto alla posizione dei 18 senatori Iv, ripete che “non possono votare la fiducia, ma voteranno lo scostamento e il dl Ristori”. Insomma, sintetizza l’ex premier, “sono un patriota, ma se mi chiedete se faccio parte della maggioranza dico ‘non più'”. 

All’ex premier, il Pd rimprovera comunque di avere innescato una “crisi incomprensibile” anche ai governi degli altri Paesi del mondo, “sconcertati dal vedere l’Italia piombare in una crisi come questa all’indomani del varo del recovery Plan”. Una crisi che “fa perdere credibilità al Paese”. Basta attendere, dunque, e al termine del passaggio parlamentare, un poco alla volta, le forze “responsabili” arriveranno a dare forza al governo.  

 Se l’appello alle forze moderate, democratiche ed europeiste non dovesse sortire l’effetto sperato, l’unica strada rimane quella che porta alle elezioni. Di certo il Pd “rifiuta qualsiasi ipotesi di coinvolgimento delle forze della destra nazionalista”, aggiunge il segretario convinto che, alla prova delle urne, la vittoria della destra sia tutt’altro che scontata: “Il campo di forze progressiste ha ricominciato a vincere”, ricorda Zingaretti riferendosi alle ultime tornate regionali e amministrative. Gli elettorati di centrosinistra e del M5s, “che nel 2019 erano in totale contrapposizione, hanno cominciato ad avvicinarsi, a volte anche prescindendo dai vertici. Lo stesso elettorale che punisce chi divide, chi isola e chi rompe facendo vincere la destra”. 

E la giornata registra anche una nuova puntata del duello a distanza tra Clemente Mastella e Carlo Calenda, con il sindaco di Benevento che chiude la diretta su Rai3 quando arriva in studio la telefonata del leader di Azione, intenzionato a rispondere alle critiche piovutegli addosso. Ma c’è, da parte di Mastella anche un’anticipazione sul futuro: “Per quanto mi riguarda, poiché ritengo che il paesaggio politico cambierà, mi muoverò, con le poche stille di forza che ho ancora in questo mio crepuscolo di vita umana e politica per creare un movimento che si chiamerà ‘Meglio noi, per l’Italia’. E visto quello che sta accadendo un pò di consenso lo registrerà…”. 

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