Google ha una lista segreta di video su YouTube da nascondere agli investitori

Ma non funziona troppo bene: Big G ha aggiornato i termini collegati ai discorsi d’odio della sua blocklist, in modo da migliorare la moderazione e bloccare pubblicità ai contenuti controversi. Eppure c’è ancora della strada da fare

(immagine: The Markup)

La blocklist segreta che Google utilizza per impedire alle pubblicità di apparire sui video di YouTube dai contenuti d’odio, suprematisti o violenti o di pubblicizzare questi stessi argomenti, non sembrerebbe essere efficiente con tutti i termini considerati a rischio. A rivelare le falle di questa rete di sicurezza è un’indagine condotta da The Markup, un’associazione giornalistica nonprofit statunitense. “Abbiamo cercato di capire se gli inserzionisti potevano utilizzare termini e frasi che incitano all’odio per indirizzare gli annunci su YouTube, il che sarebbe contrario alle dichiarazioni pubbliche di Google”, spiegano gli autori Leon Yin e Aaron Sankin su The Markup. “Il nostro obiettivo era esaminare se l’azienda stesse limitando o facilitando il posizionamento di annunci su contenuti che incitano all’odio, piuttosto che contare il numero di video che promuovono l’odio che appaiono sulla piattaforma”.

Utilizzando quindi un elenco di 86 termini collegati ai discorsi d’odio i giornalisti investigativi hanno verificato come Big G utilizzi, all’interno del suo programma Google Ads, un elenco di termini che impedisce agli inserzionisti di sfruttarli per creare delle campagne pubblicitarie destinate a contenuti di YouTube controversi.

L’indagine di The Markup ha però evidenziato che 58 dei termini testati, pur essendo collegati alle tematiche d’odio, non sono stati bloccati da Google e hanno permesso la pubblicazione di pubblicità controverse. Solamente 28 termini testati, viceversa, sono stati bloccati dalla lista.

Questa blocklist è la stessa sfruttata dagli algoritmi di YouTube per impedire alla piattaforma di suggerire video considerati a rischio e contenenti violenza o razzismo, ma che in qualche modo non vengono eliminati dalla piattaforma perché riescono a rispettare le sue regole. Come scoperto da The Markup, però, questa lista ha suggerito agli inserzionisti milioni di video su YouTube come possibili host per le loro pubblicità nonostante parte die essi fossero collegati a termini come “white power, lo slogan fascista “blood and soil” o quello usato dall’estrema destra per esaltare la propria sedicente “racial holy war”.

YouTube ha specificato che quella testata da The Markup è solamente la prima linea di difesa e che il portale sfrutta un secondo livello di blocco per vietare gli annunci su determinati contenuti offensivi. Inoltre, a seguito dell’indagine, Google ha deciso di ampliare i termini contenuti nella prima blocklist stringendo così le maglie del controllo.

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