Italia, i cinque jolly del CT Mancini

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Italia: Pessina jolly assoluto, Spinazzola una garanzia

Mancini ha gli uomini giusti per la sua Italia: scopriamoli!

Cinque azzurri fino ad un attimo fa personaggi in cerca d’autore e oggi protagonisti. Cinque ragazzi in cerca di gloria, nel quarto di finale contro il Belgio (questa sera alle 21). Scrive Vanityfair.it. Cinque nomi poco conosciuti dal grande pubblico che in questo Europeo si sono presi il palcoscenico. Cinque compagni di classe che non sapevamo di avere. Conosciamoli.

Matteo Pessina: Il magnifico intruso. Il jolly con la faccia da bravo ragazzo. Il calciatore che sa e apprezza il latino (meraviglia), legge molto (sorpresa), non gioca alla playstation (altra meraviglia) e – fermi tutti – non ha nessun tatuaggio.

Brianzolo, casa, oratorio. Fortissimo il legame con il suo prof del liceo. I suoi gol contro Galles e Austria sono la novità più bella dell’Italia. Matteo, a 24 anni, rappresenta il presente e il futuro della Nazionale. Se non fosse diventato un calciatore, avrebbe fatto il ballerino (come la sorella).

Domenico Berardi: Il ragazzo di provincia. Si può restare «Forever Young» per tutta la vita o decidere – un giorno qualunque – di crescere. Così Mimmo Berardi, calabrese, timido fuori, con gli artigli in campo. Tutto il suo percorso calcistico l’ha fatto con il Sassuolo. Questo Europeo gli ha dato spessore internazionale e gli ha confermato che il salto di qualità è nelle sue corde. Berardi ha capito non tanto chi vuole essere (quello lo sa già), ma chi può diventare.

Leonardo Spinazzola: La freccia azzurra. Il mancato parrucchiere (è stato a lungo il suo sogno), va come un treno sulla fascia, corre come non ha mai corso nella sua vita. La carriera cominciata sotto casa, alla Virtus Foligno, tanta gavetta, tante occasioni mancate (la Juventus l’ha scartato, l’Inter stava per prenderlo ma poi ha fatto marcia indietro), da sempre penalizzato per i muscoli fragili, «Spina» in questo Europeo ha trovato il riscatto.

Manuel Locatelli: Il figlio che tutte le mamme eccetera eccetera. A 21 anni ha scoperto il mondo oltre la finestra di casa. Non sapeva nemmeno lui, di essere così forte. Cresciuto all’oratorio di Pescate, in provincia di Lecco, allenato dal padre, poi – a undici anni – già con la maglia rossonera e un carico di sogni addosso. Troppi forse, perché il debutto – giovanissimo – con la maglia del Milan è stato l’inizio e la fine. Si è perso, Manuel. E poi si è ritrovato, in provincia, a Sassuolo. Ora detta legge a centrocampo e quando segna – vedi la doppietta contro la Svizzera – esulta indicando la lettera T. Omaggio alla sua fidanzata, Thessa; e al loro cagnolino che non c’è più, Teddy.

Jorginho: L’uomo che è partito da lontano. Dieci anni fa il brasiliano naturalizzato italiano fa giocava nei dilettanti, con la Sambonifacese, in provincia di Verona. E non era nemmeno tanto considerato. Un passo alla volta è arrivato sul tetto dell’Europa: ha vinto infatti la Champions League con il Chelsea. Tenacia, temperanza, fiducia nelle proprie possibilità: questo è Jorginho, il direttore d’orchestra azzurro che – mentre si gioca – dispensa consigli ai compagni, tanto da venire soprannominato «Radio». E’ cresciuto con la madre, Maria Tereza, ex calciatrice, che quando era piccolissimo lo portava in spiaggia e gli insegnava a calciare il pallone. Scena bellissima, che da sola vale una serie tv.

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