Anche Telegram si è piegata alla stretta di Putin su internet durante le elezioni in Russia

Il fondatore Durov ha acconsentito a bloccare i bot che consigliavano agli elettori dell’opposizione i candidati, mossa ideata dal partito di Alexei Navalny, il principale oppositore del presidente russo

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Foto: Rafael Henrique/Sopa Images/LightRocket via Getty Images

Le elezioni legislative russe hanno legittimato una volta di più il potere del presidente Vladimir Putin e del suo partito, Russia Unita, seppure in calo e con una forte astensione, e hanno affermato la sua stretta su internet e sulle compagnie del digitale. Se a piegarsi per primi di fronte al volere delle autorità russe sono stati colossi come Google e Apple, durante il voto del 17-19 settembre anche Telegram ha temporaneamente bloccato tutti i chatbot del leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny, ora in carcere, che aiutavano gli elettori a orientarsi nel voto.

Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha affermato venerdì che Telegram avrebbe obbedito alla norma che vieta di fare campagna elettorale durante i giorni del voto, definendo la legge “legittima”. Un caso più unico che raro in occidente, dove il silenzio elettorale in rete non è quasi più rispettato né regolato. Inoltre i bot di Telegram avevano il solo scopo di aiutare gli elettori dell’opposizione a scegliere i candidati con più possibilità di sconfiggere quelli governativi. Non facevano propaganda elettorale per il partito di Navalny.

Cosa ancora più strana è che la decisione di Durov di bloccare i bot arriva dopo che lo stesso fondatore di Telegram aveva criticato Apple e Google per aver rimosso l’app mobile di Smart Voting dai rispettivi store online, definendolo un “precedente pericoloso” che apriva le porte alla censura.

Google ha anche direttamente ordinato agli organizzatori del gruppo di Navalny di cancellare i documenti di Google Docs in cui erano elencati i candidati da votare per limitare il successo di Russia Unita. I dipendenti di Google sarebbero stati anche minacciati di azioni legali se non avessero avallato le richieste delle autorità.

La stretta delle autorità

L’agenzia russa che controlla le comunicazioni, Roskomnadzor, ha stretto il suo controllo sulla rete sospendendo l’utilizzo dei principali servizi di Vpn e l’accesso ai server Dns di Google e Cloudflare. Metodi con i quali i cittadini avrebbero avuto accesso a contenuti ritenuti illegali secondo le autorità, come per esempio i siti legati all’organizzazione di Navalny bloccati in precedenza nel Paese.

Il risultato di tutte queste mosse? La campagna di Navalny per un “voto intelligente” è stata completamente smantellata nelle settimane precedenti al voto. Secondo gli ultimi dati le elezioni sono state vinte con il 48% dei voti dal partito di Putin, Russia Unita, che manterrà il controllo del Parlamento. Il Partito comunista ha ottenuto il 20%.

Quello che emerge chiaramente dalla tornata elettorale russa però, oltre ai risultati, è il ristretto spazio di manovra che hanno nel paese le aziende tech e le app di messaggistica. Come scrive Engadget è chiaro che queste societànon possono permettersi di inimicarsi il governo se vogliono avere qualsiasi tipo di presenza nel Paese”. Telegram può cercare di opporsi alle politiche della Russia, “ma rischia di privare i residenti di una strada relativamente sicura per la libertà di espressione se sfida le leggi”. Tanto più dopo che l’app ha già rischiato per un soffio il blocco l’anno scorso.

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