Perché il centrosinistra ha vinto così nettamente i ballottaggi

Cosa c’è dietro la – netta – vittoria del centrosinistra ai ballottaggi di queste Amministrative 2021? Le risposte sono tante, ma se volessimo limitarci a un’unica risposta breve, condensata in una parola, potremmo dire: la smobilitazione degli avversari. Della (bassissima) affluenza di questa tornata elettorale si era già parlato dopo il primo turno, quando in tutte le città più grandi – con l’unica eccezione di Bologna – aveva votato meno del 50% degli aventi diritto. E i ballottaggi hanno ulteriormente accentuato questa dinamica.

Per correttezza, bisogna dire che un aumento dell’astensione tra il primo e il secondo turno delle elezioni amministrative è normale e fisiologico: l’offerta elettorale si riduce – niente più candidati consiglieri a caccia di preferenze, solo due candidati sindaco tra cui scegliere – e di conseguenza alcuni elettori scelgono di restare a casa. Questa volta, però, l’astensione è stata decisamente asimmetrica, danneggiando i candidati di centrodestra anche laddove i risultati del primo turno avevano lasciato ben sperare.

Il caso più emblematico è ovviamente quello di Roma, dove Gualtieri ha battuto nettamente Michetti con oltre il 60% dei consensi, ribaltando ampiamente lo svantaggio di 3 punti rimediato al primo turno. Come mostra la nostra mappa, Gualtieri ha prevalso in ben 14 Municipi su 15. Fa eccezione solo il 6° Municipio, dove Michetti aveva ottenuto i suoi migliori risultati già al primo turno, sfiorando il 40%.

Questa mappa è importante perché è sostanzialmente sovrapponibile – in “negativo” per così dire – alla mappa dell’affluenza registrata al ballottaggio. O meglio, alla variazione dell’affluenza tra primo e secondo turno.

A fronte di un calo della partecipazione che sul piano cittadino è stato di circa l’8%, si vede bene come il Municipio 6 (il più scuro) è stato quello con il calo maggiore (oltre 10 punti), mentre l’affluenza ha tenuto meglio in quei quartieri (di colore più chiaro) che già al primo turno erano stati i punti di forza di Gualtieri, ossia i Municipi 1, 8 e 12.

Il risultato di Roma è certamente importante, ma non così inatteso. Anche l’affluenza così bassa (40,7%) non sorprende, dal momento che i due candidati al ballottaggio avevano ottenuto una percentuale di voto cumulata relativamente contenuta al primo turno (57%, la più bassa tra i capoluoghi andati al ballottaggio). Ma soprattutto perché, già più di un mese fa, i sondaggi avevano da tempo previsto che, in caso di ballottaggio tra Gualtieri e Michetti, il favorito sarebbe stato l’ex Ministro dell’Economia.

Per ribaltare questo scenario, Michetti avrebbe avuto bisogno di una campagna elettorale estremamente favorevole – soprattutto nelle ultime settimane – e di una fortissima mobilitazione dei suoi elettori, in particolare al ballottaggio. Nessuna di queste due condizioni si è verificata.

Il risultato di Torino è stato invece piuttosto sorprendente. Lo avevamo già rilevato dopo il primo turno, di fronte a un risultato (Lo Russo davanti a Damilano di 5 punti) che smentiva i sondaggi della vigilia, tutti concordi nel vedere Damilano leggermente davanti – o al più un testa a testa tra i due candidati principali.

Anche in questo caso Lo Russo risultava favorito negli scenari in cui si ipotizzava un ballottaggio, ma il margine della sua vittoria (oltre il 59%) è andato ben oltre le attese. Anche in questo caso, per spiegare il risultato possono venirci in aiuto le mappe dell’affluenza. Grazie a queste, possiamo vedere come la partecipazione tra primo e secondo turno sia letteralmente crollata nelle zone periferiche più a nord, che erano tra quelle dove Damilano era andato meglio già due settimane fa (confermandosi poi anche al ballottaggio) e dove la percentuale di votanti non è andata molto oltre il 35%. Emblematico il dato della Zona Statistica 76 (quella più scura) dove il calo è stato di oltre 10 punti.

Ma il dato interessante di Torino è forse un altro, ed è il comportamento degli (ex) elettori del Movimento 5 Stelle. Già due settimane fa, infatti, avevamo visto come coloro che nel 2016 votarono per Chiara Appendino al primo turno si fossero in maggioranza astenuti, e solo una piccola parte avesse votato per Valentina Sganga (candidata del M5S). Questa volta, l’analisi dei flussi basati sui dati di sezione ci dice che tra primo turno e ballottaggio anche chi aveva votato per la Sganga ha scelto in maggioranza di non scegliere, astenendosi.

Chi invece è andato a votare al ballottaggio, dopo aver scelto al primo turno per la candidata del M5S, si è orientato in netta maggioranza su Lo Russo. Ma si è trattato di un contributo numericamente troppo esiguo per aver influito sulla vittoria (ampia) del neosindaco di Torino, che pure inizialmente era percepito come un candidato debole, poco conosciuto e con un handicap rappresentato da una bassissima partecipazione alle primarie che lo avevano incoronato come il candidato della coalizione costruita attorno al PD.

I casi di Roma e Torino (che si aggiungono a quelli di altre città come Milano e Napoli, dove la sfida si era già risolta al primo turno a favore del centrosinistra) sembrerebbero confermare una scarsa competitività da parte del centrodestra nei principali centri urbani del nostro Paese.

Eppure, prendersela con i singoli candidati potrebbe essere ingeneroso. Nel complesso, il centrosinistra è uscito vincitore da questa tornata anche grazie all’aver ritrovato una sua caratteristica “storica”, ossia quella di saper ri-mobilitare i suoi elettori anche al ballottaggio. Si spiegano così, ad esempio, le vittorie in rimonta in altri tre capoluoghi, come Cosenza, Isernia e Latina. In quest’ultimo caso, al primo turno le liste centrodestra avevano superato il 50% dei voti validi, ma il candidato Zaccheo si era fermato al 48%, venendo poi sconfitto al ballottaggi: per questo motivo, il nuovo sindaco Coletta (centrosinistra) si ritroverà con un consiglio comunale “ostile” in cui i consiglieri di centrodestra saranno la maggioranza (con 18 seggi su 29), una situazione conosciuta come “anatra zoppa”.

Con la (importante) eccezione di Trieste e di Benevento, il centrosinistra vince quindi al ballottaggio in 8 capoluoghi su 10. Ma il bilancio complessivo non può fermarsi ai soli capoluoghi: erano infatti ben 119 i comuni superiori al voto in questa tornata, e all’indomani del voto la maggior parte di questi comuni avrà un sindaco di centrosinistra, in alcuni casi (16) con il M5S in coalizione.

Un’ultima considerazione da fare è relativa proprio al ruolo del M5S e al “dilemma” di presentarsi in coalizione con il PD oppure no. Il bilancio relativo ai capoluoghi ci dice che questa alleanza si è verificata in 7 casi su 20, e in questi casi ci sono state 5 vittorie e 2 sconfitte. Negli altri 13 casi, in cui non era alleato con il M5S, il PD ha collezionato 10 vittorie e 3 sconfitte. Da un punto di vista meramente numerico, quindi, da questa tornata non sembra esserci stato un contributo “decisivo” del M5S al risultato – molto positivo – del centrosinistra. Ma bisogna ribadire, ancora una volta, che si trattava di elezioni amministrative, poco rappresentative della politica nazionale.

E infatti, quasi a ribadire questa “ovvietà”, nelle stesse ore in cui maturava una pesante sconfitta per il centrodestra nei comuni al voto, il sondaggio sulle intenzioni di voto nazionali realizzato da SWG e diffuso dal TG La7 mostrava un centrodestra addirittura in crescita, con FDI sopra il 21% e la Lega al 19,4%, primo e secondo partito, mentre il PD – grande vincitore di queste elezioni – incollato al terzo posto con il 19,2%. Se dopo queste Amministrative ci sarà un “effetto bandwagon” favorevole al PD e al centrosinistra, lo vedremo soltanto nelle prossime settimane.

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