In Israele è in corso un grande test di consegne a domicilio con i droni

Un consorzio pubblico-privato sta trasformando dal basso il modo con il quale fare le consegne. E l’ambizione di farlo arrivare in tutto il mondo, Italia compresa

Nel 1927 il regista tedesco Fritz Lang nel suo film Metropolis si era immaginato una città futurista con auto volanti che sfrecciavano tra i giganteschi grattacieli Bauhaus della megalopoli cubista, ispirata a una immagine del futuro che, quasi cento anni dopo, non abbiamo ancora visto arrivare. Ma forse non è troppo tardi. Perché nelle città israeliane stanno già volando i primi droni per le consegne di merci pensati per fare prima e al tempo stesso ridurre il traffico di superficie. E in un futuro prossimo l’idea è che un sistema complesso, articolato e “smart” come quello creato dalla Israel National Drone Initiative (Indi), capace di autoregolarsi, possa creare un prototipo che verrà applicato in altri paesi e in altre città. Non è l’unica iniziativa al mondo (a Torino si lavora in campo medicale, ad esempio), ma è certamente tra le più interessanti.

Daniella Partem
Daniella Partem

Wired ha incontrato virtualmente a Gerusalemme Daniella Partem, a capo dell’Israeli Center for the 4th Industrial Revolution (Wef), dopo aver lavorato per otto anni al ministero dell’economia israeliana come responsabile della pianificazione economica del settore della difesa. È proprio il rapporto tra industria militare e settore civile la base per l’iniziativa del Wef relativa al progetto Indi: progettare il mondo di domani basato su tecnologie sicure, economicamente scalabili, ripensate per il mercato civile.

Secondo Partem tra due anni il cielo di Israele sarà pieno di droni usati per scopi pacifici: operati da aziende diverse con diversi usi, con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento incluso quello sonoro e migliorare l’ambiente, in modo sicuro. La sfida più importante da questo punto di vista però sarà costruire una economia capace di sostenere questo tipo di attività, che sarà usata in modo quotidiano: attualmente l’industria dei droni in Israele è prevalentemente militare ma il Paese vuole convertirla in qualcosa di diverso che abbia un “dividendo pacifico”.

Il punto di partenza è però quello degli ambiti di utilizzo. A cosa servono concretamente dei droni? Quali settori si possono convertire a questo tipo di consegne? «Pensiamo – dice Partem – che i casi d’uso siano molto ampi, incluso il settore governativo: usi medicali, di sicurezza, di emergenza, ma anche commerciali, per la vita di tutti i giorni. Con il primo webinar nel quale abbiamo iniziato a impostare il percorso ho fatto arrivare sul mio terrazzo a Gerusalemme una tazza di caffè con il drone: è arrivata velocemente, in modo sicuro e soprattutto il caffè era ancora caldo».

Regole e test

La particolarità però non sta soltanto negli obiettivi dell’iniziativa ma anche nel modo. Si tratta di una iniziativa che parte dal governo e allo stesso tempo dal settore privato. Inoltre, a rendere più complessa da gestire l’evoluzione l’evoluzione del progetto c’è la parte della regolamentazione. Far volare dei droni sulle città e sulle aree densamente abitate richiede qualcosa di più che non un semplice permesso: devono essere coinvolte le autorità per la gestione del volo. E poi deve essere creata una infrastruttura che permetta di far funzionare il tutto. «Sinora – dice Partem – abbiamo pianificato otto dimostrazioni e stiamo per fare la terza. Lo stato finanzia il 50% e le aziende private, per adesso più di 60, il resto. La gestione di tutto è unica, perché è un mix pubblico e privato».

Nonostante sia necessario un forte coordinamento soprattutto per la fase di incubazione del progetto, Partem sottolinea che fin da subito il  governo di Gerusalemme ha deciso di lavorare con il settore privato per creare un ambiente competitivo, molto differente da quello realizzato in altri paesi. Questo perché, dice Partem, «abbiamo capito che la concorrenza e al tempo stesso il lavorare assieme è il motore del tutto».

Nel progetto, tra fondi pubblici e capitale privato, finora in tutto sono stati investiti poco meno di sette milioni di dollari. L’innovazione va capita però: abbiamo già visto negli anni passati consegne fatte dai droni di Ups, Amazon, Dhl, FedEx e vari altri. Da questo punto di vista la tecnologia dei droni non è innovativa, anzi è decisamente matura. Partem lavora però per implementarla in modo efficace nel settore privato, non in quello militare, che peraltro Israele ha molto sviluppato. La cosa che rende unica l’iniziativa di Israele è che sta facendo lo sviluppo dei prototipi e delle demo sopra le città e sempre sopra le città sta costruendo la rete wireless che farà funzionare i droni a regime.

Gli obiettivi del progetto

Gli obiettivi principali sono due: il primo è eliminare il traffico di auto e furgoncini spostando molte consegne in aria: nelle città israeliane, così come in quelle di buona parte del mondo, oggi il 20% del traffico a terra è fatto da veicoli impegnati in consegne di tipo diverso. Il secondo obiettivo, spiega Partem, è creare un ambiente economicamente “giusto”, che permetta di fare con il drone in 5-10 minuti quello che in auto si fa in 30-40 minuti. «I nostri droni –  dice Partem – volano oltre la linea di vista, sono automatici, e il progetto è pensato per seguire la filosofia 1-10-100. Ogni operatore di droni fa volare dieci droni per cento uscite al giorno».

Come dicono gli anglosassoni, bisogna anche affrontare l’elefante in mezzo alla stanza. L’elefante in questo caso è la sicurezza. Perché far volare oggetti che pesano decine di chili sopra una città densamente abitata richiede una ragionevole certezza che vincerà sempre l’ingegno dell’uomo e mai la forza di gravità. Cioè che i droni non precipiteranno in testa ai passanti. Partem sorride: «La sicurezza è un termine relativo: è più sicuro portare una pizza con il motorino in centro? Poi bisogna pensare che ogni drone pesa 25 chili ed è obbligatoriamente dotato di paracadute, per ridurre i danni in caso di guasti». A questo si aggiunge anche l’incentivo per il privato: ogni operatore è direttamente responsabile nella gestione dei suoi droni e nell’implementazione degli standard comuni.

L’uso dell’IA

La vera sfida tecnologica, la vera innovazione, è il coordinamento di così tanti oggetti volanti appartenenti a società diverse che si incroceranno nei cieli israeliani per fare le consegne. Il segreto? L’intelligenza artificiale e la collaborazione. I droni si parlano fra loro: sono smart e interoperabili. In una delle demo fatte da Partem è stato fatto entrare un elicottero nell’area dove operavano i droni. Il sistema ha ripianificato la rotta di ciascuno in modo tale da far passare l’elicottero senza creare problema. C’è un coordinamento del volo e ci sono sistemi smart per gestire in modo autonomo le rotte dei droni. Tutto sottoposto alla registrazione e autorizzazione delle macchine da parte dell’autorità per il volo.

Droni Israele
Droni in Israele

Lo sviluppo del progetto non è riservato alle sole aziende israeliane: i bandi sono aperti a tutti. Soprattutto considerando che Israele ha iniziato a lavorare a questa iniziativa in uno dei periodi più complessi della storia mondiale con la pandemia e i lockdown. Una complessità che però è stata in un certo senso utile: «Noi – dice Partem – siamo appena entrati nella quarta ondata. La pandemia ci ha aiutato a vedere con più chiarezza che stiamo sviluppando un sistema utile e ci dà una mano nello spingere il suo sviluppo, paradossalmente. Di contro, ha limitato la possibilità per molti di venire a vedere questo lavoro, soprattutto gli stranieri, e aiutarci a migliorarlo».

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