Berlusconi chiama il centrodestra alla prova della lealtà

AGI – Vuole ancora giocarsi le sue carte. Anche se in tanti gli ripetono che non sono vincenti, Berlusconi per il momento non cede. Anche molti fedelissimi nel partito azzurro sono convinti che la retromarcia potrebbe ingranarla più avanti, ma ai suoi interlocutori l’ex presidente del Consiglio ripete che adesso non ci pensa a mollare. Determinazione che viene descritta meno forte rispetto ai giorni scorsi ma al momento non è comunque stata scalfita.

Aspetterà il vertice del centrodestra innanzitutto. Salvini ha prefigurato un ‘piano B’, nella Lega continua a prevalere la tesi che occorra andare su un’altra figura del centrodestra che potrebbe avere più chances. Ma il presidente azzurro – che fonti parlamentari azzurre continuano a descrivere come sorpreso dalle mosse del leader del partito di via Bellerio – si limita a ringraziare chi gli suggerisce di togliere la sua candidatura dal tavolo per poi obiettare che se dovesse lanciare la sfida per il Colle lo farebbe per sè stesso e non per un’altra figura del centrodestra che, a suo dire, verrebbe comunque impallinata.

L’exit strategy alla quale starebbe ragionando l’ex presidente del Consiglio sarebbe quella di chiedere comunque un mandato forte agli alleati per potersi contare alla prima votazione. Andare in Aula, dunque. Avere una prova di lealtà da parte della Lega, di Fdi e dei centristi e poi di fronte alle mosse dell’ex fronte rosso-giallo che uscirebbe dall’Aula fare un passo di lato. È vero che arrivare alla quarta votazione sarebbe rischioso per il centrodestra in quanto in caso di sconfitta avrebbe meno potere contrattuale per poter imporre un candidato, ma qualora Berlusconi dovesse ancora tenere ferma la posizione, Salvini e Meloni – ragiona un ‘big’ di Forza Italia – dovrebbero mostrare molta cautela (“è un eufemismo…”, osserva la fonte) nel chiedergli un passo indietro.

Di fronte ad un ‘aut aut’ della Lega si rischierebbe insomma il ‘liberi tutti’ o addirittura che l’ex presidente del Consiglio cerchi poi un accordo con il Pd, il timore di un altro azzurro. A meno che Berlusconi non si renda conto nei prossimi giorni che sarebbe meglio non forzare la mano. Sta di fatto che non è solo Sgarbi a sostenere che non ci sono i numeri per ora ad una candidatura dell’ex presidente del Consiglio. C’è irritazione per il ruolo che si è ritagliato Sgarbi, “non è il portavoce di Berlusconi”, ha spiegato pure Tajani. “Ci ha fatto perdere già cinque voti”, viene fatto osservare. Ma a chi lo ha sentito il Cavaliere chiede fiducia, “non vi deluderò”.

Un ‘piano B’ al momento ancora non è nella testa del Cavaliere. è vero che, come osservano fonti parlamentari di FI, tra Draghi e il Mattarella bis sceglierebbe quest’ultimo. Ma qui – osserva un altro che a villa San Martino è di casa – siamo alle due linee contrapposte tra Letta e Confalonieri, con il primo che in realtà vorrebbe – sempre se Berlusconi non fosse della partita – l’ex numero uno della Bce al Colle. Comunque, il ragionamento di Berlusconi è che anche qualora decidesse di “orientare il voto”, come gli consigliano in tanti, difficilmente riuscirebbe a ritagliarsi il ruolo di king maker. Al momento meglio quello di giocatore, insomma.

“Anche se è un azzardo”, conviene un ex ministro di FI. “Vediamo quanto riuscirà a resistere”, osserva un senatore azzurro. I centristi premono affinchè sia Berlusconi a fare un passo indietro. E dietro le quinte il pressing è in atto anche da parte di Lega e Fdi. Salvini comunque aspetta Berlusconi. Nel convincimento che “qualora decidesse di andare a sbattere”, come osserva un ‘ex lumbard’ sarebbe poi il ‘Capitano’ a dare le carte e a proporre un nome. E la ‘pistà Draghi al momento non viene considerata la prima percorribile. Ci sarebbero altre strade, da Casellati (che libererebbe la presidenza del Senato ad un dem come Zanda o ad un leghista come Calderoli) a Moratti e a Casini.

Se eventualmente si dovesse arrivare a Draghi l’ex ministro dell’Interno chiederebbe un patto di fine legislatura. Ovvero un accordo con i leader politici dentro. E magari un esponente della Lega (se non proprio il segretario) al Viminale, prospettiva sulla quale il Pd non sarebbe affatto d’accordo. Anzi nel fronte dem il convincimento è che Salvini stia giocando su due tavoli: il primo con Berlusconi e il secondo con Meloni. “E il secondo porterebbe Draghi al Colle e poi alle elezioni anticipate”, la riflessione di un ‘big’ dem.  

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