Fedez, ritorno alle origini a Rozzano. Ma poi… meglio il nuovo appartamento al Castello

«La prima notte a City Life sono uscito sul balcone e potevo vedere la Torre di Rozzano. È stato abbastanza commovente». Undicesimo piano, anno 2017. Federico Leonardo Lucia cresciuto a Buccinasco, arrivato a Rozzano a 15 anni, lì ha lasciato il cuore, lì ha concimato il Dna polemico che mette in rima per cantare rabbia, disagio e amore – foto | video 1 video 2

CASA DOLCE CASA (DEI GENITORI) – «Lì ho le mie radici», racconta a Oggi. Villetta a schiera al quartiere Valleambrosia, quello ricco per chi abita in zona (2.500 euro al mq), quello dove vivono ancora oggi i suoi genitori e dove ha sede la sua holding, 4 milioni di utile nel 2022. «Mi piace tornare nella mia vecchia casa con i miei figli, voglio che sappiano da dove vengo», aggiunge il rapper che da quando il suo matrimonio è in crisi, qui viene sempre più spesso.
Il ragazzo del popolo che nel 2016 incontra Chiara Ferragni e diventa Mr Ferragnez spa, attico alla Penthouse Stravinskij, la residenza firmata dall’archistar Zaha Hadid, si racconta come un tipo solitario che abbandona il liceo artistico in quarta, il Boccioni di Milano, ma proprio a scuola scopre la passione per la musica grazie a una giornata dedicata all’arte, una jam: «Quel giorno vidi per la prima volta una sfida rap di freestyle e rimasi folgorato».
Cresciuto all’oratorio di Corsico col sogno di giocare a basket e poi tra i centri sociali di Milano e il Muretto di San Babila, dove negli anni Novanta si trovavano a bivaccare e sognare aspiranti artisti, skater, spacciatori e disagiati di tutte le estrazioni, compresi i rapper che poi diventano famosi, come Emis Killa («siamo cresciuti insieme», dice il cantante), Fedez è rimasto un «diversamente rapper» che non ha ripudiato gli amici storici e le sue origini.

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UNA (VELOCE) GAVETTA – Federico si autoproduce il primo disco, La penisola che non c’è nel 2011 e sbanca sul web. Il secondo lavoro, Il mio primo disco da venduto, è una rivelazione, arriva il successo. La celebrità vera, però, la conquista grazie alla tv, nel 2014, quando convince la produzione di X Factor ad arruolarlo come giudice. Da lì, la sua trasvolata acchiappa il vento giusto e su, su, sino alla seconda vita nell’attico di City Life… Arrivano il matrimonio da star, i figli, la vita griffata e la sua fiaba milionaria spiattellata ogni giorno sul web. I follower lievitano, imbesuiti dal sogno; gli sponsor pure, case e conti centuplicano.

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DA ROZZANGELES AL SUPERATTICO FIRMATO – Sino al mega attico di 750 mq (di Chiara), la villa sul lago di Como (di Fedez) ma anche la malattia, il tumore al pancreas preso in tempo, e poi il crac, il dicembre scorso, con la Ferragni trascinata nello scandalo della finta beneficenza per i bambini. La coppia era in bilico dai giorni di Sanremo 2023, altre crisi erano state superate, ma il ko mediatico è un domino avvelenato che abbatte tutto quello che incontra sin dentro casa e si infila sotto la pelle. È la terza vita di Fedez, la parabola del Gioco dell’oca, la casella del via di nuovo sotto i piedi. Il cantante se ne va di casa (racconta Chiara), viene cacciato (giurano gli amici) e lui prende casa in piazza Castello, 400 metri quadri nel cuore di Milano per essere vicino ai figli. Nei suoi video su Instagram rivediamo anche il vialone con le rotaie del 15, il tram che dal Duomo ti porta, in un’ora e 25 fermate, a Rozzano. «Io so da dove vengo e so dove posso tornare», aveva detto nel 2014, sei dischi d’oro e 11 di platino, mentre raccontava delle volte che tornava a casa senza scarpe perché lo rapinavano, di suo padre Franco cassintegrato, della madre Tatiana disoccupata, del bar avviato con i soldi della liquidazione e della paura di imborghesirsi: «Un po’ perché il tenore di vita si è alzato, unpo’ perché per lavoro devo frequentare posti che non mi piacciono. In America i rapper ostentano la ricchezza, è normale, da noi ci si nasconde. Io non voglio farlo: i soldi me li guadagno onestamente e li uso come voglio», spiega, in bilico tra il desiderio di riscattarsi («voglio arrivare ad avere 200 milioni») e quello di non tradire la rabbia del popolo che gli frigge dentro («la mia più grande paura è perdere di vista quello che ero»).

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DIFFICILE TORNARE INDIETRO – Nel 2022 dona 130 mila euro a Rozzano per costruire uno skatepark nella piazza centrale, davanti al Municipio, anche se Rozzano un centro vero non ce l’ha, semmai ha quartieri e frazioni separati dalla tangenziale, dal Lambro e dalla Strada provinciale. Impossibile girare a piedi questa città che dal 1963 al ’71 è passata da 6.313 abitanti, un ex borgo agricolo, a 32.915 (41 mila adesso), uno dei più grandi quartiere-dormitorio (e laboratorio sociale) d’Italia con 6 mila appartamenti Aler costruiti in fretta (prefabbricati) intorno all’asse che arriva da via dei Missaglia per la gente del Sud che di giorno si riversava nelle fabbriche di Milano.
«È un luogo con un forte bisogno sociale, serve riqualificazione, per questo ho fatto la donazione», spiega sempre a Oggi, Fedez. «Qui ho tutta la mia famiglia e i miei figli incontrano i cuginetti, gli zii e i nonni». Qui, i ragazzini vivono per strada e tirano sera al centro commerciale Fiordaliso. Una volta c’era lo Spazio Aurora con le sale di registrazione, il Comune lo ha dismesso e sta sorgendo una Chiesa evangelica. «Sono rimasti gli oratori, le associazioni sportive e i campetti di calcio. Chi studia frequenta la Cascina Biblioteca di via Togliatti, fiore all’occhiello della nostra città assieme all’Osservatorio Astronomico, con la sua cupola a petali più grande d’Europa», spiega Mirko, ex volontario dello Spazio Giovani, uno stanzone per studiare. In passato i rapper si trovavano nelle cantine e nei box, ora l’unico spazio “underground” è il bar Taxi Blues.

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FUCINA DI TALENTI – Qui ce l’hanno fatta personaggi come Michele Alboreto, Biagio Antonacci, il pugile Daniele Scardina, lo scrittore Jonathan Bazzi e, ultimo idolo dei ragazzi, Paky, all’anagrafe Vincenzo Mattera, quello che canta Rozzi. Camminando in questa città si annusa disperazione, povertà, ma anche desiderio di rivalsa. L’Aler ha ristrutturato la gran parte dei palazzi, 6 milioni di euro di lavori solo nel 2023 ma il problema delle occupazioni abusive resta, con 136 alloggi presi d’assalto. «Arnaldo Pomodoro, che qui aveva fonderia e fondazione, ha donato una scultura ma è stata bruciata», racconta un ex assessore. Il gioco d’azzardo è stato un problema grave, come lo spaccio (il Comune, in odore di elezioni, non fornisce nessun dato) e la delinquenza.

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MA ANCHE VERO SLUM – La zona di viale Lazio, Fort Apache per i locali, nata per accogliere gli sfollati del terremoto del Belice, nel 1968, è stata per anni la roccaforte di mafie e delinquenza. I rozzanesi veri, quelli arrivati per avere lavoro e famiglia, sono invecchiati. Il cambio generazionale è rappresentato tutto in questo agglomerato di vie popolari (16 mila abitanti circa) con i nomi dei fiori: prima un’ondata di asiatici, poi sudamericani, ora tanti africani. Un concentrato di problemi, dal lavoro all’inserimento sociale, con qualche virtuosa iniziativa di volontariato. Chi ci abita, tiene a precisare la zona di appartenenza: «Noi siamo la Rozzano vera», dicono gli abitanti del “villaggio” o il “quartiere”, come viene chiamato il nucleo delle case popolari. «Noi siamo di Ponte Sesto», specifica chi sta a est, in un’area che pare quasi residenziale, tra villette ed edilizia convenzionata, come la Valleambrosia di Fedez. Poi ci sono la Rozzano Vecchia, Quinto de’ Stampi, Cassino Scanasio e Torriggio. Qui alla fine degli anni Settanta il tasso di analfabetismo era altissimo: il 3,89%. Nel 2001, lo 0,68%, la media nazionale, ma i minorenni che non vanno a scuola sono ancora un problema. Li vedi gironzolare col cappuccio tirato su, spesso stazionano intorno alle pensiline del 15. La sera è lì che si ritrovano, qualcuno spaccia anche. L’Atm, per contenere i danni da vandalismo, ha attivato un servizio di guardie armate. Li vedi seduti in due camionette appostate sul marciapiede. E capisci che aria tira.

Cristina Rogledi

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