L’intelligenza artificiale (AI) è ormai entrata nella nostra vita sotto moltissimi aspetti, ma uno degli ambiti in cui viene utilizzata da più tempo e con maggiore impegno è sicuramente quello dei videogame. L’AI ha avuto il merito di rendere i videogiochi più divertenti e impegnativi per i giocatori. Sin dagli inizi del gaming, si sono utilizzate delle tecnologie in grado di simulare un comportamento reattivo e credibile per affrontare avversari controllati dalla macchina.
È comunque importante non confondere l’AI nei videogiochi con l’intelligenza artificiale accademica. In questo caso lo scopo principale sta nel migliorare il gameplay offrendo ai giocatori sfide di un certo livello. Nel corso dei decenni, le meccaniche di gioco dei videogame sono state influenzate dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale in essi, passando da semplici schemi predefiniti a complessi sistemi di decisione.
Dalle origini ai primi sviluppi
Il primo esempio di AI nei videogiochi si ha nel 1948 con il gioco Nim, che mostrava comportamenti programmati per competere con gli esseri umani. La presenza dellAI in questo settore si sviluppa però principalmente a partire dagli anni ‘70 con l’introduzione dei microprocessori, che rendevano il comportamento degli NPC più complesso e con maggiori elementi casuali
Tuttavia, la presenza dell’AI diventa più evidente negli anni ’70 grazie all’introduzione di microprocessori, che hanno reso i comportamenti degli NPC più complessi. Con l’avvento dei videogiochi arcade, giochi come Space Invaders (1978) e Pac-Man (1980) hanno portato l’intelligenza artificiale a uno stadio superiore, attraverso movimenti e strategie d’attacco specifiche in base alle indicazioni fornite dai giocatori.
Negli anni ’80 il tutto è diventato ancora più sofisticato e un esempio chiave lo vediamo con il gioco Mike Tyson’s Punch-Out!! (1987)dove l’intelligenza artificiale era sfruttata per aumentare il livello di difficoltà, e gli NPC cambiavano il loro modo di agire in base alle azioni del giocatore. Gli sviluppatori iniziarono a utilizzare meccanismi come il pathfinding e gli alberi decisionali negli anni ’90 per portare l’esperienza a un livello di realismo sempre maggiore.
L’AI nei videogiochi moderni
Oggi, nell’era dei videogiochi moderni, gli NPC utilizzano l’intelligenza artificiale avanzata per simulare comportamenti realistici. Questa è messa in atto anche per analizzare i dati dei giocatori e persino moderare le comunità online. Il gaming non riguarda poi solo i videogiochi per console ma anche i tanti giochi disponibili sulle piattaforme che troviamo in rete: tra queste ci sono il poker, le slot machine e anche il bingo in versione online. In questa tipologia di giochi, l’AI garantisce un’esperienza di gioco fluida e sicura, assicurando la distribuzione casuale dei numeri e prevenendo comportamenti fraudolenti da parte degli utenti, oltre ad ottimizzare le interazioni tra giocatori attraverso chatbot e sistemi di assistenza automatizzata. Ecco quindi che l’AI non risiede più solo negli NPC, ma viene impiegata anche per migliorare l’esperienza complessiva del giocatore.
In giochi più complessi, come The Last of Us Part II, l’intelligenza artificiale è stata utilizzata per creare nemici più strategici e reattivi, in grado di interagire tra loro. Gli algoritmi di intelligenza artificiale consentono alle unità di prendere decisioni rapide e efficienti nei giochi di strategia in tempo reale, rendendo dunque il compito più difficile a chi gioca. I progressi maggiori si notano negli sparatutto in prima persone, con i nemici che reagiscono in modo sempre più credibili alle azioni del player, come ad esempio in Metal Gear Solid V.
Oggi dunque l’intelligenza artificiale nei videogame non è più solo nei personaggi ma diventa fondamentale per creare esperienze sempre più realistiche e interessanti, con il progresso che sotto questo aspetto sembra non avere fine.
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