Lo strano caso dell’ecommerce cinese che ha beneficiato dei dazi di Trump

Shein è riuscita a sfuggire alle tariffe grazie a esenzioni negli Stati Uniti e in Cina, con un vantaggio competitivo rafforzato dagli acquisti online nel 2020 e da un approccio data-driven

(Photo by Chip Somodevilla/Getty Images)

Tra gli inattesi risultati della guerra dei dazi fra Stati Uniti e Cina c’è la nascita di un colosso dell’ecommerce nella vendita diretta al consumatore: Shein, società con sede a Hong Kong e centro produttivo nell’area di Guangzhou, ha conquistato un ampio mercato fra i teenager, a cominciare proprio dagli States, sovvertendo le gerarchie nel fast-fashion grazie a lacune e scappatoie generate dai sistemi fiscali delle due superpotenze e a un innovativo modello di business data-driven che porta gli osservatori a parlare di “real time fashion”.

Quando l’ex presidente americano Donald Trump aumentò i dazi sulle merci cinesi in ingresso, il governo di Pechino decise di rinunciare al fapiao, la fattura ufficiale per raccogliere l’imposta sul valore aggiunto, nei confronti degli esportatori di beni di consumo, per agevolarli. Ciò permise di eliminare un 13% in tasse sulle merci spedite da Shein all’estero. La compagnia, fondata nel 2008, spedisce i pacchi direttamente dai propri magazzini in Cina, con un vantaggio particolare negli Stati Uniti dove i colli di valore inferiore a 800 euro possono entrare come duty-free sin dal 2016, sfuggendo quindi ai dazi di Trump.

Una situazione che sta agitando imprenditori e associazioni tessili americane, che assistono all’ingresso di un competitor in grado di eludere legalmente il 24% di tasse: una banale t-shirt supera i confini indenne del dazio standard al 16,5% e quello aggiuntivo del 7,5% rivolto alla Cina, calcola l’Associazione americana abbigliamento e calzature. Nell’ultimo anno le vendite totali di Shein, che originariamente si chiamava Sheinside, hanno raggiunto i 10 miliardi di dollari +250% rispetto all’anno precedente, considerando che già il 2019 aveva registrato performance quasi raddoppiate rispetto al 2018, secondo quanto riferisce Bloomberg.

La compagnia dichiara di effettuare consegne in tutto il mondo, ma il suo pubblico maggiore è sempre stato fuori dalla Cina. L’ecommerce è attivo in Italia, Spagna, Francia, Russia, Germania e Australia e Medioriente, con prezzi estremamente competitivi per abiti, costumi e accessori che in rari casi superano i 25 euro. Alla base c’è un polo produttivo concentrato nel raggio di cinque ore d’auto da Guangzhou, che permette di completare un progetto in dieci giorni, ancora più veloce del famoso ciclo di tre settimane di Zara e dei 3-6 mesi dei produttori tradizionali. A tutto ciò si aggiunge un ulteriore vantaggio dato dalla sede legale: la casa madre è registrata a Hong Kong, che non tassa i ricavi ottenuti altrove.

Shein si è costruita una fama di cliente affidabile, che paga i suoi produttori con regolarità e mette a loro disposizione una piattaforma data-driven che permette di ricavare analitiche preziose dai dati di utilizzo da parte dei clienti dell’app, che il mese scorso negli Stati Uniti ha superato Amazon come la più scaricata nello shopping. Dai comportamenti d’uso e acquisto i fornitori possono orientare la produzione e ottimizzare le risorse cercando di intercettare meglio i gusti del pubblico, lanciando di volta in volta nuove linee rischiando poco. Tale sistema cancella inoltre la necessità di un inventario a magazzini, poiché le merci vengono subito spedite.

Non per niente, il fondatore della compagnia basata su questo modello “real-time fashion”, è Xu Yangtian, che iniziò a lavorare come specialista seo in una compagnia di digital marketing. Katy Perry ha curato una collezione e tenuto a inizio pandemia un concerto per il brand, il cui successo è attestato su Instagram: sono oltre 850mila gli hashtag #sheingals dove giovani di tutto il mondo condividono i loro outfit di tendenza.

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