Il caso Gregoretti diventa il caso Casellati

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Con una deroga alla ‘perentorietà’, la ​Giunta per le immunità del Senato lunedì prossimo voterà sull’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, chiesta dal Tribunale dei ministri di Catania per la vicenda della Nave Gregoretti. Dopo giorni di rinvii e di concitazione, siè’ arrivati alla decisione in un clima di caos e di polemica che non ha risparmiato neppure la presidente del Senato, accusata dalla maggioranza di non essere imparziale e di aver favorito il centrodestra, che da giorni chiedeva il rispetto del calendario della Giunta presieduta da Maurizio Gasparri.

Movimento 5 stelle e Partito democratico hanno battagliato fino all’ultimo per far slittare il voto a dopo le elezioni regionali – con l’obiettivo di non concedere vantaggi ‘dialettici’ alla Lega nella corsa per la presidenza dell’Emilia Romagna e della Calabria – e ora non escludono la possibilità di non partecipare alla seduta del 20. Il ‘semaforo verde’ alla Giunta è arrivato al termine di una discussione durata oltre tre ore che si era aperta con il riequilibrio dei componenti della Giunta per il Regolamento, composta fino a questa mattina da dieci senatori, sei della minoranza, 2 M5s e 2 Pd. Casellati, su richiesta e indicazione della maggioranza, ha chiamato a farne parte Loredana De Petris e Julia Unterberger, presidenti del Misto e del Gruppo per le Autonomie.

Cosa è successo in Giunta

Con un plenum di 12 parlamentari, 6 per schieramento, la Giunta, all’unanimità e senza il voto di Casellati, ha affermato la perentorietà dei limiti fissati dalle norme di Palazzo Madama, ha sancito cioè che la Giunta ha 30 giorni di tempo per esprimersi su una richiesta di autorizzazione a procedere contro un ministro. A questo punto l’opposizione ha presentato un secondo documento: un ordine del giorno per chiedere una deroga per il solo caso Gregoretti poiché il termine dei 30 giorni sulla vicenda che tocca il leader della Lega scade proprio oggi. Ma oggi – è la tesi sostenuta dal centrodestra – la Giunta non potrebbe riunirsi perché due suoi componenti sono in missione con la commissione Antimafia negli Stati Uniti (Pietro Grasso e Mario Giarrusso) e perché deve essere convocata con un preavviso di almeno 24 ore.

L’ordine del giorno è quindi passato con il voto decisivo di Casellati, che replicando alle dure accuse che le sono piovute addosso dalla maggioranza, ha sostenuto di aver votato sì per garantire “il corretto funzionamento del Senato”. Lunedì, dunque, la Giunta per le immunità votera’ sulla relazione con cui Maurizio Gasparri proporrà di rigettare l’istanza dei magistrati siciliani che accusano Salvini del sequestro dei 131 migranti trattenuti per alcuni giorni a fine luglio a bordo della nave della Guardia costiera ormeggiata nel porto di Augusta.

L’esito del voto, numeri alla mano, sembra scontato. La relazione dovrebbe essere bocciata dalla Giunta formata da 10 rappresentanti del centrodestra e da 12 della maggioranza. Il senatore Meinhard Durwalder, del gruppo per le Autonomie, non dovrebbe invece partecipare per problemi personali. La sua potrebbe però non essere l’unica assenza. La maggioranza non esclude infatti la possibilità di disertare la seduta, considerando la sua convocazione illegittima. Di certo la decisione della Giunta, non sarà comunque definitiva. L’ultima parola sulla vicenda spetta infatti all’Aula. Il verdetto definitivo è atteso a metà febbraio.

L’ira del Pd e la replica di Palazzo Madama

Sul campo resta lo scontro tra la maggioranza e il presidente Casellati. “Alla fine ha gettato la maschera: ha votato insieme alla destra per convocare una Giunta illegale, convocata contro il regolamento e contro il buon senso”, ha tuonato il capogruppo del Pd, Andrea Marcucci, all’esito del voto. “La presidente del Senato da oggi non è piu’ considerabile carica imparziale dello Stato, ma donna di parte”, ha aggiunto dicendosi “molto preoccupato per la democrazia”. Per Loredana De Petris è invece “molto grave che si stabilisca la perentorietà dei termini e che cinque minuti dopo si affermi che quello stesso termine si può derogare”, mentre il capogruppo M5s, Andrea Perilli, ha puntato l’indice contro la minoranza che ha preso decisioni – ha affermato – “assolutamente maldestre”.

Parole che hanno costretto Palazzo Madama a una replica. Il presidente del Senato ha respinto “ogni ricostruzione dei fatti che in qualche modo possa mettere in discussione la terzietà della sua azione ovvero connotarla politicamente, perché non si può essere terzi solo quando si soddisfano le ragioni della maggioranza e non esserlo più quando si assumono decisioni che riguardano il corretto funzionamento del Senato”.

Il centrodestra si è schierato con lei. “Non ci sono colpi di Stato”, ha affermato Francesco Zaffini di FdI: “Il vulnus di cui parla la maggioranza? È relativo a due giorni, sabato e domenica…” Anche l’ex presidente del Senato Renato Schifani ha difeso la seconda carica dello Stato: “Nei suoi panni avrei votato per garantire le prerogative della Giunta perché altrimenti sarebbe stata privata della possibilità di esprimersi”. Da Riace, infine, Matteo Salvini ha chiesto celerità. “Il Pd si vergogna di se stesso. Se sono un criminale mi processino, se sono una persona perbene la smettano con questa rottura di scatole”, ha detto ai suoi sostenitori assicurando che quando tornerà al governo continuerà “a bloccare gli sbarchi e a chiudere i porti”.

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