Covid-19, quanti rischi si corrono volando in aereo?

Due nuovi studi sulla trasmissione del Sars-Cov-2 in aereo su voli a lunga percorrenza in business class mostrano che il virus potrebbe diffondersi sia tramite droplet sia tramite aerosol. Attenzione alla distanza e alla durata del volo: meglio spezzettare il viaggio

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(foto: Mongkol Chuewong via Getty Images)

Quanto si rischia, nel prendere l’aereo, di contrarre l’infezione Covid-19? È una domanda che ci siamo – e anche gli scienziati si sono – posti spesso. L’interrogativo sorge a causa della prossimità dei passeggeri, del fatto che a volte la permanenza a bordo è lunga e che la cabina è un ambiente chiuso seppure con un ampio ricambio dell’aria (rinnovata ogni tre minuti per legge). Oggi due nuovi studi descrivono due episodi di contagio a bordo mostrano che il rischio di infettarsi, qualora ci siano uno o più passeggeri positivi, c’è ed è legato in gran parte alla distanza e alla durata del viaggio. Avere quante più informazioni sulla trasmissione del Sars-Cov-2 è importante anche per prendere tutte le precauzioni del caso e adottare strategie alternative. Quali? Per esempio spezzettare il viaggio in più voli, anche se più scomodo, come suggerivano due epidemiologhe statunitensi in un articolo su The Conversation, e sapere quando si prenota un volo, soprattutto se lungo, che ci possono essere questi rischi. Questo perché, qualora ci fosse un passeggero positivo al Sars-Cov-2, si ridurrebbe il periodo di tempo trascorso nelle vicinanze, abbassando dunque la probabilità di contagio.

Aereo, il contagio all’inizio di marzo 2020

Il primo studio, condotto dall’Istituto nazionale di igiene ed epidemiologia di Hanoi, in Vietnam, e pubblicato sulla rivista Emerging Infectious Diseases, analizza il caso di un focolaio di Covid-19 su un volo di lunga percorrenza, della durata di 10 ore, in cui la presenza di un passeggero sintomatico, in una fase iniziale dell’epidemia (a marzo 2020) in Vietnam ha causato la trasmissione del virus in 16 persone. Una manager vietnamita, residente a Londra da febbraio 2020, è probabilmente il “caso 1” da cui è partito il contagio. Dalla ricostruzione dei suoi spostamenti, alla fine di febbraio la donna aveva viaggiato con la sorella in Italia in due riprese e in Francia, per poi imbarcarsi, il 1° marzo 2020, sul volo per Hanoi. La donna ha iniziato a manifestare sintomi, quali mal di gola e tosse, il 29 febbraio (un giorno prima di partire). Durante il volo i sintomi sono peggiorati, con febbre e affaticamento.

Basta un solo passeggero positivo in aereo

Le 217 persone a bordo, fra passeggeri e personale, sono state posti in isolamento in attesa del tampone per Sars-Cov-2 e 16 persone sono risultate positive. Probabilmente il caso 1 ha trasmesso il virus agli altri 16 contagiati. Di questi, ben 12 (il 75%) erano sedute in business class insieme alla persona già positiva al coronavirus. In questo caso la distanza è un elemento centrale: come mostrato nella tabella dello studio, delle 12 persone nella stessa classe (vicine) 11 erano a uno o due posti di distanza e soltanto 1 persona si trovava a più di due posti. Pur escludendo eventuali altri contatti con persone positive prima e dopo il volo, lo studio ha dei limiti dato che non è possibile stabilire in maniera univoca che il contagio di alcuni dei passeggeri sia stato causato dal contatto con il primo passeggero (la manager vietnamita). Inoltre, non ci sono dati sull’uso delle mascherine, che all’epoca del volo non erano ancora obbligatorie né a bordo né in areoporto.

Anche il secondo studio, sempre su Emerging Infectious Diseases, descrive un caso di contagio nella prima fase dell’epidemia, un volo del 9 marzo in cui due coniugi positivi al coronavirus hanno viaggiato in business class da Boston a Hong Kong, manifestando sintomi all’arrivo a destinazione. La coppia avrebbe contagiato altre due persone, un 25enne membro del personale, considerato come contatto stretto, che aveva servito loro il pasto durante il volo, e un’assistente di volo 51enne, anche lei identificata come contatto stretto. Anche in questo caso, però, non abbiamo informazioni sull’uso della mascherina.

Come interpretare i risultati

Tornando al primo studio, in cui i contagiati sono di più e si hanno più informazioni, anche ipotizzando uno scenario in cui le persone non indossavano le mascherine i numeri della trasmissione del virus raggiungono i limiti superiori delle stime fornite dai modelli della trasmissione del Sars-Cov-2 in aereo. Tuttavia gli autori rimarcano che ancora l’impatto della trasmissione di Sars-Cov-2 a bordo dell’aereo attraverso le goccioline più grandi (droplet) e attraverso l’aria (airborne o tramite aerosol di piccolissime particelle di virus) non è ben conosciuto – nel caso della trasmissione airborne non ci sono conoscenze approfondite e chiare nemmeno per quanto riguarda il contagio in altri ambienti che non siano l’aereo. In ogni caso la prova che ci può essere un contagio c’è, nonostante le precauzioni del ricambio dell’aria. “La più probabile via di contagio durante il volo”, scrivono gli autori nel paper, “è la trasmissione tramite l’aerosol o droplet dal caso 1, in particolare per le persone contagiate che erano sedute in business class”, cioè nello stesso scompartimento. “Concludiamo – aggiungono  – che il rischio di una trasmissione di Sars-Cov-2 a bordo durante viaggi lunghi è reale e potrebbe determinare focolai di Covid-19 di dimensioni importanti, anche nella business class, ovvero quando si sta seduti con sistemazioni spaziose e mantenendo bene la distanza utilizzata per definire i contatti stretti sugli aerei”.

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