Coronavirus: le piante come bioreattori per produrre i vaccini

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(Foto: Enea)

Tra le incertezze sulle forniture delle dosi, continui aggiornamenti ai piani vaccinali e l’attesa per l’approvazione di altri vaccini contro il coronavirus, una risposta rapida, economica ed efficace a soddisfare la domanda nazionale potrebbe arrivare dalle piante. O meglio da fabbriche di piante, utilizzate come bioreattori e in grado di produrre in tempi brevi vaccini, anticorpi e strumenti diagnostici contro la Covid-19. A proporre questa soluzione sono oggi i ricercatori dell’Enea, in collaborazione con le università di Verona e di Viterbo, il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e l’Istituto superiore di sanità (Iss), che si focalizzano sull’utilizzo della piattaforma Plant Molecular Farming, già utilizzata in diversi Paesi per produrre biofarmaci.

I bioreattori in Italia

A esaminare nei giorni scorsi la situazione italiana dei bioreattori, sofisticate apparecchiature che consentono in un ambiente controllato la crescita e la proliferazione di organismi biologici, è stato il vertice tra il ministro Giancarlo Giorgetti, l’ex commissario per l’emergenza Domenico Arcuri e Farmindustria presso il ministero dello Sviluppo Economico. Oltre a valutare l’uso di quelli già esistenti, per cui il compito di riconvertirli non sarebbe affatto semplice, il governo sta valutando anche l’alternativa di stanziare risorse e produrne di nuovi, anche se i tempi non saranno brevissimi (si va dai 6 ai 12 mesi).

Piante come bioreattori

A proporre un’alternativa è il nuovo studio dell’Enea, pubblicato sulla rivista Frontiers in Plan Science, dove gli esperti esaminano la possibilità di realizzare bioreattori con le piante, in grado di sintetizzare biomolecole necessarie per lo sviluppo più rapido di vaccini, sicuri ed efficaci. Studi precedenti, svolti in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e il Prince of Wales Hospital di Hong Kong, avevano dimostrato la produzione in pianta di alcune molecole del virus che causa la Sars.

Utilizzando le piante come bioreattori, in questo caso una specie di tabacco, i ricercatori sono stati in grado di produrre una molecola del virus che è stata riconosciuta dagli anticorpi di persone che avevano contratto la Sars, e aprire di fatto la strada allo sviluppo di test diagnostici economici e innovativi strumenti per la prevenzione e la cura. I vaccini ottenuti da piante, spiegavano i ricercatori, sono la nuova frontiera nel campo della prevenzione di epidemie e pandemie: veloci da ottenere (anche solo due settimane), sicuri e poco costosi.

Dalle ultime simulazioni, così, i ricercatori hanno confermato che la piattaforma Plant Molecular Farming sarebbe in grado di integrare con efficenza i metodi di produzione tradizionale e che “per soddisfare l’intera domanda italiana di bioterapeutici (vaccini, anticorpi) e diagnostici basterebbe una serra di 12.500 metri quadri o un impianto di agricoltura verticale (vertical farming) di soli 2.000 metri quadri”. Per quanto riguarda il costo, secondo le loro stime, la creazione di queste strutture richiederebbe un investimento iniziale inferiore rispetto a quello che servirebbe per la realizzazione di impianti produttivi tradizionali. 

Riferimenti: Frontiers in Plan Science

Credits immagine di copertina: Enea

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