Come l’emoji del mattone è diventata un simbolo di destra su Twitter

Alla base di un nuovo fenomeno che interessa i social network, fatto di utenti di destra fintamente ironici che prendono di mira “nazi-femministe” e “buonisti”, c’è lo shitposting: ma tutto è cominciato con un invito di Donald Trump, nemmeno a dirlo

Da qualche mese in Italia si è diffuso un enigma, degno di nota se vogliamo capire l’humus culturale del paese: il mattone nel profilo di qualche centinaio (o forse migliaio) di utenti su Twitter. Sembrerà un dettaglio di poco conto, eppure dai dettagli della comunicazione in rete possiamo studiare cosa pensano, e come si muovono, alcune sotto-tribù del pensiero dissidente nell’emergenza pandemica.

Un mattoncino di colore marrone, quello degli emoji, è comparso agli inizi di febbraio al fianco di alcuni nickname, perlopiù appartenenti a uomini e spesso già dotati di altri simboli politicamente caratterizzati: la bandiera tricolore, ad esempio – che da noi è senza dubbio un segno dell’utenza destrorsa – e le tre stelline, solitamente un riconoscimento per i seguaci di QAnon e dell’ex presidente Donald Trump.

Gli utenti col mattoncino portano avanti la filosofia dello shitposting, termine che nel 2017 è stato eletto parola dell’anno dalla American Dialect Society. Che lo definiva così: “Postare contenuti irrilevanti con l’intenzione di far deragliare una conversazione o provocare gli altri”. Si tratta solitamente di post di dubbia utilità, ma oltre alla provocazione c’è altro, di più profondo: il fare gli stupidi come forma di resistenza a ciò che si considera un cambiamento antropologico.

Un cambiamento imposto da chi, tuttavia? Dai liberal e dalla galassia delle sinistre, soprattutto, secondo questo gruppo. Nascono così post crudelmente velenosi mascherati da qualunquismo ironico, difficili da inquadrare e etichettare. Lo scopo è quello di mandare in tilt i twittatori compulsivi pro-inclusione, gli attivisti online che si incendiano per le provocazioni contro le minoranze, i sostenitori delle riforme del linguaggio e, in generale, le galassie di profili di tendenze perbeniste.

Quali strumenti usano gli appartenenti a questo clan? Tutto si basa su hashtag coordinati, che talvolta finiscono in tendenza e ampliano la platea trovando nuovi profili che senza fare troppe domande capiscono il senso dell’operazione e fanno retweet, o diventano essi stessi mattonisti. Con un po’ di attenzione non è difficile notare che, sebbene questi utenti non usino piattaforme politiche ben precise o non rivelino nella propria biografia molti dettagli, di solito si tratta di hashtag molto ben definiti, spesso collegati alla destra reazionaria e populista: sono opera dei mattonisti hashtag come #SoloDueGeneri, #BastaLockdown e #QuoteRosaInMiniera, che accompagnano battute o pensieri finto-ingenui sull’orientamento sessuale, o su quello che chiamano “dittatura sanitaria” e strali delle “nazi-femministe”.

Non è un caso che tra gli influencer del mattonismo ci siano – tanto per fare qualche esempio tra i molti – un tizio che ha nell’immagine del profilo le corna di bufalo del celebre assaltatore del Campidoglio (sovrapposto al volto di un Wojak, figura internettiana con la faccia grigia, il naso appuntito e un’espressione facciale priva di emozioni, associata dai trumpiani alla passività dei progressisti). Oppure lo storico Marco Gervasoni, noto per i suoi insulti sessisti contro gli avversari politici (retwittò un’immagine pornografica che prendeva di mira Carola Rackete, tra le altre cose). O ancora, il candidato sindaco di Roma del movimento Riconquistare l’Italia, divulgatore di economia su Facebook, il cui fronte sovranista ha nel programma un accurato esame di diritto costituzionale per gli immigrati che vorranno prendere la cittadinanza.

All’origine del nuovo fenomeno c’è una forma di situazionismo molto meno divertita e divertente di quanto vorrebbe far credere di essere; una forma di reazione degli assediati dal politicamente corretto che spera di ottenere punti politici facendo “esplodere la testa” a “sinistrati” e “globalisti”. Un movimento, come quello delle succitate tre stellette, inspirato ancora dall’incarnazione perfetta della rivolta delle destra conservatrici mondiali: l’ex capo della Casa Bianca.

Fu sempre Trump, infatti, a suggerire nel gennaio del 2019 ai suoi elettori di inviare un mattone” ai leader democratici contrari alla costruzione del muro col Messico. Col risultato che molti dei suoi seguaci virtuali iniziarono a usare l’icona del mattoncino in modo provocatorio, per lanciare un messaggio senza venire bannati per incitamento all’odio

Non ci sono prove che quel mattone abbia attirato questo. Ma di sicuro la sotto-tribù che lo raccoglie condivide lo stesso modo di stare in rete: annullando le regole del bon ton e della sublimazione di sé tipiche dei Millennial di sinistra, del ceto riflessivo perennemente online, producendo invece il rumore di una durissima battaglia per sfasciare quelle norme, per afferrare il diritto di insolentire senza educazione, senza mediazione, senza metterci la faccia.

Questo non toglie che le battaglie dei mattonisti vengano riprese da  volti noti dell’universo nazional-populista, o da testate bufalare come Vox News, il cui gestore controlla anche siti come Resistenzanazionale.com, Identità.com e Tuttiicriminidegliimmigrati.com, più i relativi canali social. Un tempo la fiducia di questi verteva attorno ai bordi del mainstream, facendo la ola per personalità come Alberto Bagnai, economista no-euro in quota Lega, il filosofo Paolo Becchi, il senatore 5 stelle Elio Lannutti, e chi più ne ha più ne metta.

Oggi però questa politica ha tradito le aspettative dell’Italia più radicalizzata a destra, che si sfoga col lancio del mattone. Per fortuna solo virtuale: e forse è questa la sua principale debolezza.

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