Perché l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha disposto il blocco di Medium dall’Italia

Secondo i monopoli di stato, il social network del blogging diffonderebbe “truffe online connesse al gioco d’azzardo”: ma se è vero per Medium, allora è vero anche per Facebook, Twitter e YouTube. Chiudiamo anche quelli?

Con una decisione unilaterale e immediatamente eseguibile, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (Adm) ha disposto il blocco totale di Medium, social network da cento milioni di utenti attivi al mese, al quale non sarà più possibile accedere dal suolo italiano. La piattaforma, che si propone come “social network lento” e permette a chiunque di pubblicare e condividere post senza limiti di dimensione (e spesso di carattere culturale o attivistico), è finita nella lista dei portali che – a detta di Adm – diffonderebbero “truffe online connesse al gioco d’azzardo”. In conseguenza di una norma contenuta nella legge finanziaria del 2006, è proprio l’Adm l’organizzazione responsabile di censurare i contenuti che promuovono il gioco d’azzardo illegale sul web, i cui indirizzi vengono inseriti su una lista pubblica liberamente consultabile sul portale. Così, incastonato tra i portali mediabet.com e mega7s.com [sic] compare anche il popolare social network, il quale probabilmente è stato ritenuto inadempiente e – sempre ragionando per ipotesi – potrebbe aver ospitato dei profili che promuovono il gioco online. 

[3 marzo, 18.15: successivamente alla pubblicazione di questo articolo, Wired ha ricevuto segnalazione che l’Adm ha rimosso Medium.com dalla lista dei siti inibiti. Non risultano comunicazioni pubbliche o assunzioni di responsabilità da parte di Adm]

Così fan tutti

È sufficiente una ricerca di pochi minuti per individuare pagine e profili che danno l’opportunità agli utenti di giocare d’azzardo. Sono su Instagram, Facebook e persino Twitter. Non è difficile immaginare che ce ne fossero anche su Medium. Tuttavia, è impossibile dire con certezza quale sia il contenuto che ha provocato la decisione di Adm, segnalata per la prima volta sui social dall’esperto informatico Giorgio Bonfiglio. 

L’ente pubblico con sede a Roma è infatti incaricato di mantenere e aggiornare la lista dei siti che violano le disposizioni in materia di gioco d’azzardo e rivendita di tabacchi: un elenco che produce un effetto immediato dal momento che gli Internet service provider (Isp) automatizzano il processo di acquisizione della stessa inibendo di volta in volta l’accesso ai siti indicati. “Adm può chiedere direttamente la rimozione o l’inibizione di offerte o pubblicizzazioni di servizi non conformi”, spiega a Wired Giovanni Battista Gallus, avvocato e membro del circolo dei Giuristi telematici: “E l’unica azione rimasta a Medium, qualora l’Adm non revocasse l’inibizione, è di impugnare la decisione di fronte al Tar, richiedendo la restituzione del sito”. Ma un precedente simile non lascia ben sperare: “Nel 2014 il Tar si espresse in seguito al ricorso presentato da un sito contenente informazioni sportive e pronostici, nel quale c’erano anche dei link che rimandavano a siti che promuovono il gioco d’azzardo”, spiega Gallus: “In quel caso il Tar respinse il ricorso, precisando che, pur in assenza di un’offerta di gioco diretta, il sito ospitava contenuti idonei a promuovere l’attività illecita, equiparando di fatto l’offerta diretta con quella indiretta. Dovrebbe però essere evidente la differenza tra un portale generalista come Medium e un sito specializzato”.

Un paio di censure l’anno

La vicenda è simile a quella che ha coinvolto, lo scorso maggio, il progetto Gutenberg, portale che dal 1971 rende disponibili gratuitamente decine di migliaia di capolavori della letteratura mondiale e che da allora non è più raggiungibile attraverso i fornitori italiani di internet. Allora la decisione scaturì da un ordine della procura di Roma, la quale riconobbe la presenza di alcuni testi tutelati dal diritto d’autore italiano, di cui parecchi neanche più in stampa e quindi irraggiungibili in qualunque modo (legale). Ma a differenza del progetto Gutenberg, a decidere l’offuscamento di Medium non è stata una decisione presa da un tribunale, quanto probabilmente una valutazione particolarmente severa degli uffici competenti dell’Agenzia delle dogane, nel caso in cui abbiano trovato su Medium dei contenuti incompatibili con le normative sul gioco d’azzardo.  

Il meccanismo tecnico che in queste ore impedisce l’accesso a Medium però è il medesimo: quello che in gergo si chiama Dns hijacking (dall’inglese, dirottamento del Domain name system, sistema dei nomi di dominio). Tale soluzione, tanto semplice quanto inefficace, consiste nel richiedere agli Internet service provider italiani (responsabili dal fatto che il nostro pc naviga su internet) di bloccare qualsiasi connessione indirizzata verso i siti contenuti nella listaPer capire meglio, quando l’utente visita un sito in realtà sta richiamando una risorsa che gira su un computer remoto – il server – che risponde a uno specifico indirizzo Ip. Quando navighiamo verso una pagina – per esempio Wired.it – il nostro computer chiede agli Internet service provider quale sia l’indirizzo Ip corrispondente (quello di Wired Italia è 143.204.11.4). Per l’utente è più facile ricordare Wired.it che non una stringa di numeri, quindi questo è l’equivalente di un elenco telefonico per computer. Quando la richiesta è inviata, in gergo si dice che l’indirizzo è stato risolto. Così il nostro computer accede a quella risorsa.

In questo caso, agli Internet service provider è richiesto materialmente di non “risolvere” più le richieste provenienti dall’Italia e indirizzate verso i domini contenuti nel file aggiornato da Adm. Se domani l’agenzia, anche per errore, inserisse il dominio Wired.it nella lista, entro poche ore i lettori troverebbero che la testata è irraggiungibile

Agli Isp non resta che adeguarsi, “automatizzando il processo di acquisizione della lista e così smettendo di mettere l’utente in collegamento con gli indirizzi indicati”, spiega a Wired Antonio Prado, Chief digital officer del Comune di San Benedetto del Tronto ed esperto della materia: “Il vulnus è che queste liste sono rivolte a tecnici che non avrebbero l’autorità per modificarle e dunque un eventuale errore a monte rischierebbe di avere una ricaduta enorme sull’ecosistema dell’Internet italiana”, chiosa, e concede: “È pur vero che in una enorme mole di domini si possa anche fare un errore, ma la sua portata diventa enorme dal momento che tecnologicamente dobbiamo bloccare l’intero dominio e non possiamo agire su uno specifico contenuto”

Questo significa che il blocco si applica all’intero dominio di secondo livello (la url Wired.it) e che non è possibile agire tramite i Dns per inibire l’accesso a una specifica pagina (https://www.wired.it/internet/web/2021/02/15/wiredleaks-come-fare-segnalazioni-anonime/, ad esempio). Nella sua veste di esperto, Prado è anche autore di una proposta per la riorganizzazione dei filtri a livello Dns, “che sarebbe d’aiuto non solo nel prevenire eventuali errori di trascrizione, ma anche nel permettere agli Isp di agire tempestivamente. E contiene agevolazioni per le autorità deputate alla redazione e manutenzione delle liste”. Adm non è infatti l’unica organizzazione che dispone del potere di censurare i siti che promuovono attività di gioco d’azzardo o la vendita di tabacchi. Allo stesso modo intervengono: il Centro nazionale per il contrasto alla pedo-pornografia (Cncpo), l’Autorità garante per le telecomunicazioni (Agcom) e i provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Nel caso in cui un Isp non disponesse l’offuscamento, potrebbe trovarsi a pagare multe che vanno dai 30mila euro minimi nel caso di un blocco disposto da Adm a 250mila euro massimi, se l’ordine arriva dal Cncpo. “Le liste possono essere aggiornate anche di giorno in giorno e gli Isp non hanno alcuna facoltà di segnalare eventuali errori”, spiega Prado. 

Aggirare il blocco?

L’unica scappatoia possibile è quella di accedere a Medium da un paese che non ne inibisce l’accesso (quindi per ora evitate l’Italia e la Cina). E se il lettore è appassionato dei milioni di contenuti culturali, scientifici o artistici che su Medium trovano un safe harbour, certamente troverà delle porte d’ingresso ancora percorribili. Addirittura la stessa pubblica amministrazione ha utilizzato in alcuni casi la piattaforma per raccogliere i propri aggiornamenti, come nel caso di PagoPa (oggi irraggiungibile). 

Ma la rete è un vento che non si può fermare con le mani e, a meno che i server di un servizio web non vengano fisicamente sequestrati, questi resteranno facilmente raggiungibili a chiunque ricorra all’uso di Virtual private network (Vpn, o reti private virtuali), che a seconda delle configurazione prescelta sono in grado di instradare il traffico internet attraverso server situati in altri paesi. In modo simile agisce il Tor Browser (se ne parla in collegamento con il cosiddetto Dark web): porta d’accesso a una connessione estremamente protetta e veicolata da più nodi di transito sparsi per il mondo, particolarmente preziosa per giornalisti e attivisti che devono proteggere le proprie attività online. 

Infine, Medium resta accessibile per quanti abbiano configurato sul proprio dispositivo un Dns diverso (il più comune è quello di Google), che fa così riferimento a una lista di indirizzi web non soggetta alle regole italiane. Contattata da Wired per un commento, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli non ha immediatamente risposto né chiarito se intenda bloccare tutti i social network nei quali si promuovono contenuti in contrasto con il divieto di promozione del gioco d’azzardo. Ma una segnalazione in merito potrebbe averla ricevuta proprio ieri.

Dunque se nei prossimi giorni doveste avere problemi ad accedere su uno dei vostri social network preferiti, il sottoscritto autore si scusa fin da ora con i lettori

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