Ancora 48 ore per capire se il governo Draghi ha un futuro

AGI – Poco più di 48 ore e si capirà se il governo Draghi e la 18′ legislatura hanno ancora un futuro o se sarà game over, con una campagna elettorale tra spiagge e malghe e qualche mese di montagne russe per il Paese fino alla nascita del nuovo esecutivo.

Il tempo supplementare fischiato da Sergio Mattarella quando ha deciso di “non accogliere” le dimissioni presentategli dal premier e di “invitarlo a presentarsi” alle Camere sta dando alcuni pallidi frutti. Il presidente della Repubblica tace e non interviene, ovviamente, avendo già compiuto un passaggio significativo giovedi’ scorso per delimitare l’ampiezza del campo e i tempi di gioco.

Mario Draghi sta scrivendo il suo intervento di mercoledì al Senato e alla Camera ma di certo non gli sono sfuggiti i tanti appelli a restare da parte delle forze sociali e istituzionali nazionali e internazionali. E chi lo conosce racconta che li abbia letti, colpito in particolare da quelli dei sindaci e del personale sanitario che ha combattuto il covid, e stia riflettendo seriamente.

I partiti si stanno posizionando in vista del dibattito che dovrebbe seguire le comunicazioni del premier, con il M5s di Giuseppe Conte in riunione continua per decidere in una sorta di flusso di coscienza politico quale atteggiamento tenere verso l’esecutivo. Se il quadro internazionale e nazionale è chiaro, dunque, e manda segnali chiarissimi a Draghi, resta da comporre il quadro politico nazionale, proprio l’elemento di mancata chiarezza che ha fatto dire al premier che la sua maggioranza era saltata e il suo compito impossibile da proseguire.

Se continueranno gli ultimatum reciproci dei partiti, ovviamente, Draghi potrebbe confermare la sua valutazione su una maggioranza sgretolata e ingestibile confermando anche le dimissioni.

Se invece i toni si smusseranno e ci sarà una sostanziale assunzione di responsabilità dalla grandissima parte della sua maggioranza, sarà più facile ricucire la trama dell’esecutivo. Insomma mercoledì, quando al Senato il premier prenderà la parola, molto si sarà chiarito ma non tutto sarà deciso.

Per questo restano sul campo ancora diversi schemi di gioco. Draghi potrebbe infatti fare le sue comunicazioni, ascoltare il dibattito e, se ci fossero le condizioni per proseguire con l’impegno di governo, attendere un voto delle Camere che gli confermi di fatto la fiducia.

Oppure, una volta terminato il suo discorso e magari ascoltato il dibattito, potrebbe salire di nuovo al Colle per riproporre le sue dimissioni. La palla a quel punto ripasserebbe all’arbitro, e il Capo dello Stato ha davanti a sé diverse strade. Il reincarico (in seguito a una tornata di consultazioni) non avrebbe però molto senso, davanti a dimissioni a quel punto irrevocabili, dovute magari a veti incrociati dei partiti. Un nuovo esecutivo, il quarto della legislatura a pochi mesi dalla sua scadenza naturale, verrebbe considerato quasi una acrobazia.

Il percorso più lineare, anche se certamente non auspicato fino a pochi giorni fa al Quirinale, potrebbe essere quello dello scioglimento anticipato delle Camere, con elezioni in una domenica tra il 18 settembre e il 2 ottobre. Una volta sciolte le Camere con decreto del Presidente, infatti, il governo vara un decreto con cui indice le elezioni in una data tra i 60 e i 70 giorni dallo scioglimento. E calendario alla mano, se le decisioni fossero prese a tambur battente, le urne si potrebbero aprire nei primi giorni di autunno, dopo una inedita campagna elettorale canicolare. 

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