Il lungo viaggio della famiglia Zapp: 22 anni per attraversare 5 continenti

Storia d’amore e d’avventura. Ci sono volte nella vita, in cui soffia potente una botta di pura follia, come un vento in poppa a cui stendere le vele verso orizzonti lontani. Ed è quello che capitò a Herman Zapp e Candelaria Chovet, coniugi argentini, il 25 gennaio 2000, in Plaza de la Republica, nel barrio San Nicolas di Buenos Aires. 31 anni lui, elettricista, 29 lei, segretaria, sposati da 6, casetta con giardino di proprietà, stipendi sicuri e progetti di avere figli come una qualunque famiglia borghese, stavano di buon’ora sotto l’obelisco al centro della piazza, con gli zainetti in spalla e 4000 dollari in tasca. «Avevamo dato appuntamento ai nostri parenti per i saluti di rito, ma non venne nessuno», racconta Candelaria. «Solo dopo abbiamo capito che stavamo per lasciare tutto, ma avremmo trovato molto di più» – foto | video

LA SFIDA DEI 208 PAESI – Il progetto dei due ragazzi era di quelli che in effetti lasciano genitori, zii e amici, sempre di stucco: prendersi una lunga pausa per raggiungere l’estremo, selvaggio Nord dell’Alaska, attraversando tutto il continente americano. Tempo stimato, 6 mesi. Ma fu solo l’inizio, perché da allora quel viaggio per il viaggio, come direbbe Tiziano Terzani, non si fermò più. 22 anni dopo, 5 continenti attraversati, 102 Paesi visitati, gli Zapp sono infine ritornati all’obelisco della loro città. Ad attenderli stavolta c’erano un mucchio di persone e le autorità al completo, come si conviene a delle star. Molte cose sono cambiate: i capelli di lui, 53 anni, e lei, 51, sono spruzzati di bianco, la famiglia si è di molto allargata (nel frattempo sono nati 4 figli, ognuno in un Paese diverso), ma pochi scommettono sulla loro stanzialità. I Paesi del mondo sono 208; ne restano 106 ancora da conoscere e i nostri eroi stanno già progettando di ripartire, stavolta in barca a vela.

Le immagini del viaggio degli Zapp – guarda

L’INIZIO IN UN’AUTO – Tornando a 22 anni fa, in quella piazza di Buenos Aires c’era anche la terza compagna di viaggio scelta dai ragazzi che avrebbe fatto storcere il naso ai benpensanti: un’automobile Graham-Paige Sedan 610 del 1928, 3,1 litri di cilindrata, 3 marce e 63 cavalli, per una velocità massima di 65 chilometri orari. Un pezzo da museo, peraltro in pessime condizioni, regalo del nonno di lui, ranchero della pampa, che l’aveva usata 40 anni per spostarsi da una mandria di bovini all’altra. Roba che uno si aspetta di avere noie meccaniche nel fare il giro del quartiere, figurarsi ad attraversare il continente americano, dalle Ande alle Montagne rocciose. Invece, “Macondo candalache” (così nominata in onore di Cent’anni di solitudine, capolavoro di Gabriel Garcia Marquez), si è comportata che meglio non si può: 370.000 chilometri percorsi e solo due riparazioni al motore e 8 cambi di pneumatici. «Mi costò 2000 dollari rimetterla in condizioni di funzionare», ricorda Herman. «Quando la presi era un blocco di ruggine e il motore nemmeno si avviava. Con pazienza e passione, le ho restituito la sua piena dignità meccanica: una vettura che non ha nessuna delle comodità moderne, però si è comportata in modo fantastico ovunque, sulla sabbia, la neve, il fango, nelle grandi città. Con la nascita dei nostri figli, a un certo punto abbiamo avuto bisogno di più spazio ed io, senza problemi, ho risolto tagliando il telaio e allungando il passo della vettura di 50 centimetri per aggiungere una fila di posti in più».

OSPITI DI 2500 FAMIGLIE – Fu in Ecuador che da subito il mondo degli Zapp si ribaltò e assunse contorni più precisi. «Dopo 12.000 chilometri, finimmo i soldi e la macchina si ruppe», racconta Herman. «E lì venne fuori la tenacia e la nostra “garra”, voglia, di non arrendersi mai. Candelaria cominciò a vendere degli acquerelli che aveva realizzato durante il viaggio e io mi misi a fare dei lavoretti. Ma quello che fece la differenza fu la solidarietà delle persone che poi ci ha accompagnato in tutti i continenti. La gente sa essere veramente straordinaria: perfetti estranei si immedesimavano nel nostro sogno e facevano il possibile perché non si spegnesse». Il viaggio così ricominciò.
Nel loro ultraventennale pellegrinaggio, gli Zapp hanno sempre ricordato le 2500 famiglie che li hanno ospitati in casa propria: ricchi o poveri, persone di tutte le religioni. Molti di più coloro che hanno donato qualcosa, per il puro piacere di contribuire al viaggio, un pasto caldo, qualche litro di benzina, un maglione piuttosto che un passaggio su un traghetto. Poi gli Zapp hanno scritto un libro, Atrapa tu sueño, Acchiappa il tuo sogno, venduto in 100.000 copie e tradotto in 10 lingue, che ha fornito i proventi necessari per procedere, seppur in economia. «Noi le cose non le possediamo, le viviamo», spiega Candelaria. Si capisce che questo è il segreto che conduce all’essenza delle cose: perché possedere 10 o più paia di scarpe, quando te ne servono al massimo due?

Il lungo viaggio degli Zapp – guarda

4 FIGLI, 4 NAZIONALITÀ DIVERSE –  Di certo le cose non sono sempre andate benissimo: una volta Herman si beccò la malaria e la famiglia si è trovata ad attraversare dei posti alle prese con brutte malattie contagiose: Ebola in Africa, la febbre di Dengue nel Centro America, l’influenza aviaria in Asia e da ultimo il Covid. Da un continente all’altro, dicevamo, la famiglia si è di molto allargata: partirono in due e sono tornati in sei, anzi otto. Pampa, oggi 19 anni, è nato negli Stati Uniti; Tehue, 16, in Argentina, Paloma, 14, in Canada, Wallaby, 12, in Australia. Durante un forzato stop in Brasile per l’emergenza pandemia, alla famiglia si sono aggiunti il cane Timon e il gatto Hakuna. Per la scuola dei ragazzi, come hanno fatto? «Seguendo uno speciale programma messo a punto dal ministero argentino della pubblica istruzione per quegli studenti che non possono frequentare una scuola», spiega Candelaria. «Io li ho seguiti con molta attenzione, non trascurando nulla: tutte le volte che ci fermavamo in qualche posto con una connessione internet, scaricavamo le dispense di lezioni e i programmi delle varie materie. Ma il vero, impareggiabile maestro è stato il mondo. I ragazzi hanno conosciuto le Americhe, l’Asia, l’Africa, l’Oceania e l’Europa; hanno imparato 4 lingue e fatto esperienze uniche, come vedere il Monte Everest, ballare nei villaggi del deserto della Namibia, entrare nella tomba del faraone Tutankamen, vedere l’alba sull’Oceano artico e molto altro ancora». Bella vita. «Ma ora che siamo a casa», dice Paloma, «la cosa che più desidero è farmi tanti amici in carne e ossa».

Gino Gullace

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